f1_0_laudato  Di: Vannino Chiti

 Articolo tratto da quotidiano Avvenire del  2/7/2015

L’enciclica Laudato sì di Papa Francesco è un monito forte per scuoterci dalla passività e dall’indifferenza di fronte al degrado e ai mali del mondo. Al tempo stesso è animata dalla fiducia che l’umanità può farcela a cambiare sé stessa e a salvare il Pianeta.
Questa persuasione poggia sulla fede in Dio: in ogni persona, per il Papa e per il cristianesimo, c’è la presenza di Dio. Per questo una scintilla nella coscienza può sempre evitare di perderci e far prevalere un sentimento di giustizia, solidarietà, l’impegno per il bene comune.
L’enciclica trasmette un senso di gioia, pur parlandoci di problemi gravi e urgenti.
Il Papa si rivolge a tutti, non solo ai credenti: ai cristiani chiede una coerenza in più e sottolinea che la loro fede può recare un contributo significativo di sensibilità e di impegno per realizzare una più avanzata civiltà: un nuovo umanesimo, al cui interno soltanto può prender forma uno sviluppo socialmente e ambientalmente sostenibile.
Il Papa parla all’umanità: è oggi l’unico leader morale con un’autorevolezza che gli consente di farlo. In due anni la Chiesa, che appariva scossa da crisi profonde come la pedofilia e che aveva visto le dimissioni di Benedetto XVI, è tornata ad essere riferimento dei popoli.
È impressionante la costruzione, in un tempo così breve, di fatti storici promossi da questo Papa: il cammino dell’ecumenismo, con un’ulteriore vicinanza costruita con gli ortodossi – anche di questo ci parla l’Enciclica – e con la recente richiesta di perdono e l’abbraccio ai valdesi; il dialogo pieno di rispetto con gli ebrei e l’islam; il confronto senza pregiudiziali con i non credenti.
Il Papa parla all’umanità e collega strettamente povertà e crisi ambientale, salvaguardia della madre Terra e solidarietà tra gli uomini di oggi e le generazioni che verranno.
Chiede alla politica di riaffermare un primato sull’economia e sulla finanza per riconvertire le società alla priorità rappresentata dalla persona e dalla sua dignità.
Un assetto economico orientato dal solo profitto, senza proiezioni e limiti posti dalla funzione sociale; stili di vita condizionati da un consumismo esasperato; una cultura dello spreco, che è dominio sui più deboli e sull’ambiente: ciò che va cambiato non è una politica settoriale, ma una concezione di civiltà, di relazioni umane, di rapporti tra uomo e natura.
Viene bollato severamente un ecologismo d’elite, che si commuove solo per gli animali a rischio di estinzione o per le piante – obiettivi sacrosanti da tutelare – ma che sposta lo sguardo altrove, di fronte ai poveri senza casa e lavoro o alla disperazione dei migranti.
Il Papa chiede anche piccoli atti concreti: l’uso parsimonioso dell’acqua, dell’energia, l’attenzione al cibo che si consuma, ai rifiuti che si producono.
Non è precettistica morale: solo se si affermano diversi stili di vita sarà possibile con e nella democrazia affrontare una svolta epocale.
Francesco sottolinea un altro aspetto, di assoluto rilievo, già presente nell’enciclica Caritas in veritate di Papa Benedetto: nel XXI secolo la politica continua ad avere a suoi riferimenti fondamentali gli Stati nazione, mentre ci é richiesta una governance mondiale.
È la sfida che ha di fronte a sé la democrazia. Qui in Europa, ci ricorda il compito – che avrebbe già dovuto essere coniugato al passato – della costruzione di una democrazia sovranazionale.
L’enciclica del Papa apre il cuore perché affronta in modo diretto grandi questioni che mettono a rischio lo stesso futuro della specie umana e l’equilibrio del nostro Pianeta, e avanza un progetto di valore generale. È una proposta di cambiamento di civiltà, di concezione della persona, dei suoi rapporti e doveri nei confronti del Pianeta.
La politica dei partiti, invece, anche quella dei socialisti europei, si muove a livello di un pragmatismo quotidiano svincolato da visioni d’insieme, da opzioni di civiltà. Per questo non sa più motivare, accendere i cuori e la mente.
Penso sarebbe meglio oggi fissare alcuni criteri per rinnovare i nostri valori: la democrazia sovranazionale; la sostenibilità sociale e ambientale dello sviluppo; la centralità della persona; la non violenza; libertà e uguaglianza che sole possono fondare politiche di inclusione.
Proprio il binomio inclusione-esclusione fissa un discrimine per una politica all’altezza dei problemi del nostro tempo.