Il terrore dell’autoproclamato Stato Islamico (Isis) si estende alla Libia. Già presenti in Cirenaica, nelle scorse settimane i suoi seguaci hanno rivendicato l’attacco kamikaze all’hotel Corinthia di Tripoli, mostrato al mondo la barbarie della decapitazione di 21 cristiani egiziani, preso il controllo della città di Sirte.
In Libia, così come in Iraq e Siria, l’Isis sta approfittando di un vuoto di potere e di un disfacimento della società: abbattuti, con un intervento di potenze occidentali, i regimi di Gheddafi e Saddam, con la guerra civile siriana, non si sono trovati in quell’area, cruciale anche per noi, nuovi equilibri istituzionali e di convivenza.
I paesi occidentali hanno una grande responsabilità: dopo aver contribuito al crollo dei regimi dittatoriali, sono venuti meno all’impegno di una ricostruzione di quelle nazioni. In Libia, nel dopo Gheddafi, si doveva favorire il dialogo e la cooperazione tra le diverse componenti e tribù, non permettere l’esplodere di uno scontro distruttivo.
Gli improvvisati annunci, da parte di esponenti del governo italiano, di un intervento militare in Libia, mentre ancora è in corso a Ginevra un negoziato patrocinato dall’Onu, non sono stati né giusti né utili. L’improvvisazione in politica non è mai una virtù, tantomeno in situazioni così delicate. Gettare benzina sul fuoco non è il modo per domare gli incendi. Per svolgere una positiva azione internazionale, bisogna conoscere la complessità delle situazioni che si vogliono fronteggiare e aver chiare le conseguenze delle azioni decise.
La guerra non è mai una risposta! Interventi limitati di “polizia internazionale” sono pensabili soltanto sotto egida Onu e dopo aver sperimentato fino alla fine le vie della diplomazia. E’ urgente una iniziativa dell’Onu e dell’Unione Europea. La riva sud del Mediterraneo è un problema europeo. Bisogna coinvolgere i paesi vicini: Egitto, Algeria, Tunisia.
È necessario un coordinamento tra i servizi di sicurezza dell’ Europa, degli Stati Uniti e dei paesi arabi per individuare e fermare i terroristi.
Le onde del Mediterraneo sono sempre più insanguinate da stragi di migranti e dai focolai di guerra. Chiudere gli occhi e non operare in modo giusto costerebbe caro non solo all’Italia ma all’Unione Europea.