La crisi tra Russia e Ucraina è seria anche per l’Europa.
Si è di fronte a una tragedia umanitaria: gli sfollati sono 980 mila; circa 600mila ucraini hanno chiesto asilo nei paesi confinanti.
Nello scorso marzo scrissi del pericolo che nel nostro continente tornassero a soffiare venti di guerra fredda: oggi siamo ad un passo da esiti più gravi.
Il comportamento della Russia è inaccettabile, ma agitare l’ipotesi di interventi militari è un errore: non isolano Putin né gli fanno cambiare rotta. La possibilità di fornire “armi letali” all’Ucraina non è una soluzione: può solo portare alla guerra su scala più vasta. Apprezzo la posizione ferma, di rifiuto di avventure tenuta dal governo italiano sulla crisi. La trattativa diplomatica e le sanzioni per condizionare un esito positivo non hanno alternative. Gli esiti che trapelano dal vertice di Minsk vanno nella giusta direzione. Deve restare fermo che i confini tra le nazioni non sono spostabili con l’uso della forza e scelte unilaterali.
Gli accordi siglati in sede internazionale – come quello del 5 settembre per una tregua, rimasto purtroppo lettera morta – devono essere rispettati da tutti. Putin deve averlo chiaro.
È necessario su queste basi ricostruire con la Russia una partnership positiva per affrontare le sfide del terrorismo e dei tanti focolai di guerra, a cominciare dal Medio Oriente.
Secondo indiscrezioni emerse, il piano proposto a Putin da Merkel e Hollande prevedrebbe un arretramento delle armi pesanti, il possibile invio di un ‘contingente di pace’ internazionale, la realizzazione di autonomie per le regioni e un’uguaglianza di diritti per le minoranze di lingua russa. Può essere la via giusta: né si deve fare automaticamente coincidere ingresso nell’Unione Europea e adesione alla Nato.
Persiste un aspetto negativo: le molte e dissonanti voci nell’Unione Europea. Le stesse trattative con Putin e Obama sono portate avanti dalla cancelliera Merkel e dal presidente Hollande, non dai responsabili europei. Un passo avanti sarebbe un ruolo esplicito assegnato alla Germania: si faccia carico in questa fase di responsabilità legate alla realizzazione di una democrazia sovranazionale europea, anziché pensare soprattutto alle convenienze interne.