La legge elettorale è al suo epilogo nell’aula del Senato. Con l’approvazione dell’emendamento del senatore Esposito l’impianto dell’Italicum è definito. Contiene alcuni aspetti positivi rispetto al testo votato alla Camera: un’unica soglia di sbarramento al 3% per entrare in Parlamento; quella del 40% per ottenere subito, senza un secondo turno di ballottaggio, il premio di maggioranza alla lista, non più alla coalizione. Viene così garantito un equilibrio tra rappresentanza e governabilità. Resta però un aspetto negativo, non marginale ma di fondo, nell’impianto della legge: non saranno i cittadini a scegliere direttamente i loro deputati. Il 60% sarà di fatto nominato, su indicazione dei partiti. Il quadro complessivo è ancora più serio dal momento che i senatori, domani, saranno designati dai consigli regionali e le Province già oggi non sono elette dai cittadini. Le pluricandidature, che dal Nuovo Centrodestra vengono addirittura presentate come soluzione per ridurre la quota dei nominati, sono in realtà un’altra stortura: accentuano la distanza tra cittadini e eletti. Per questo circa trenta senatori Pd hanno presentato degli emendamenti per cancellare i capilista bloccati e assicurare che la maggioranza dei deputati sia scelta direttamente dai cittadini.
Questa proposta non è passata perché l’ultima parola sulle riforme sembra spettare a Forza Italia. Berlusconi vuole continuare a controllare i suoi parlamentari. Il rapporto con le opposizioni sulle riforme è una scelta giusta, ma non può finire per diventare esclusivo quello con Forza Italia né può fondarsi su un diritto di veto. Meno che mai configurarsi come una nuova maggioranza politica, come ha invece sostenuto il capogruppo di Forza Italia.
Nel passaggio al Senato sta emergendo un altro elemento negativo: la legge elettorale è diventata un punto del programma di governo. Con forzature procedurali si è impedito ai senatori di discutere e votare punto per punto i vari aspetti del testo. A questo fine ha contribuito anche l’irresponsabilità di settori dell’opposizione: presentare decine di migliaia di emendamenti significa voler mortificare il Parlamento e impedirgli di svolgere il suo ruolo. Così il Senato è stato messo di fronte ad un prendere o lasciare per l’intero impianto della legge. Di fatto una sorta di questione di fiducia nascosta, non utile al corretto funzionamento delle istituzioni.