Nell’aula del Senato è iniziata la discussione sulla nuova legge elettorale. È indispensabile che si svolga in modo serio e approfondito, evitando ostruzionismi che allontanano dal merito delle questioni. Bisogna mettere a fuoco i punti importanti. Per me è necessario intervenire su due aspetti fondamentali.
Il primo riguarda il sistema di elezione dei deputati. Dobbiamo dire la verità: con l’attuale proposta di legge elettorale, il cosiddetto ‘italicum’, non siamo di fronte a un mix di collegi uninominali e preferenze. Si tratta invece di 100 circoscrizioni con capilista bloccati, scelti dai partiti, e uno spazio residuale per una minoranza di eletti con le preferenze. Non è accettabile, dopo anni di ‘porcellum’, che oltre il 60% degli eletti sia composto da nominati. Tanto più che il Senato – se il testo della riforma costituzionale rimarrà invariato – non sarà più eletto dai cittadini e già oggi non lo sono più le Province. Al contrario, i cittadini ci chiedono di contare di più, non meno di ieri. Sono domande alle quali una democrazia moderna deve saper rispondere.
Le strade possibili sono due: o i collegi uninominali – il sistema che per me sarebbe il più adatto anche per l’Italia – oppure liste circoscrizionali con almeno il 75% di eletti con le preferenze.
Le pluricandidature, da alcuni proposte come soluzione per ridurre la quota dei nominati, in realtà sono un’altra stortura. Consentire che la stessa persona possa essere candidata in dieci circoscrizioni significa vanificare ogni tentativo di costruire un rapporto cittadini-eletti e vincola la composizione della Camera a manovre di partito o di correnti.
Né è una soluzione la riduzione del numero delle circoscrizioni: ampliarle, assumere come riferimento 700-800 mila cittadini oltre a rendere di nuovo ininfluente un rapporto tra loro e gli eletti, fa correre seri rischi alla buona politica. Le preferenze, per non lasciare spazi al rischio di degenerazioni, esigono un numero limitato di candidati e ragionevole di cittadini elettori.
Aumentare i costi delle campagne elettorali e il rischio di comportamenti illegali o anche solo scorretti, non può rappresentare l’esito dell’azione del Pd.
Voglio concludere sottolineando come invece sia stato un passo avanti positivo l’aver stabilito al 3% la soglia si sbarramento per l’accesso alla ripartizione dei seggi e al 40% quella per la conquista, senza un secondo turno di ballottaggio, del premio di maggioranza alla lista.