Il 2014 è stato un anno difficile, come i cinque precedenti. La crisi economica e quella del lavoro colpiscono milioni di persone in Italia e in Europa, a partire dalle fasce più deboli. Con fatica stiamo cercando di uscirne e qualche primo segnale si vede.
Gli ultimi due governi italiani, Letta e Renzi, hanno contribuito a determinare una parziale svolta in Europa: basta con l’austerità fine a sé stessa che ha impoverito i popoli senza nemmeno centrare gli obiettivi di stabilità finanziaria; lo sviluppo e l’occupazione sono la priorità delle politiche pubbliche.
Dopo le elezioni europee e con la formazione della nuova Commissione questa tendenza si sta rafforzando, seppur ancora in modo insufficiente. Il “Piano Juncker” punta a mobilitare 315 miliardi di euro, pubblici e privati, per gli investimenti. È importante sottolineare due novità: il Consiglio Europeo ha stabilito che i fondi che gli Stati destineranno al fondo per il Piano Juncker, saranno scorporati dal Patto di Stabilità e crescita. Inoltre, la Conferenza delle commissioni Politiche dell’Unione Europea (Cosac), riunitasi nel Senato italiano lo scorso 2 dicembre nell’ambito del semestre di presidenza italiana, ha chiesto che anche la spesa pubblica relativa all’attuazione di programmi co-finanziati dai Fondi strutturali europei sia esclusa dal Patto di stabilità e crescita.
In Italia è stato l’anno delle riforme istituzionali: legge elettorale e modifiche alla Costituzione. La nuova versione dell’Italicum è un buon compromesso ma bisogna prevedere collegi uninominali o preferenze per tutti. Con i capilista bloccati il 60% dei deputati sarebbe nominato. Non va bene.
La riforma costituzionale per il superamento del bicameralismo paritario è necessaria e urgente, ma servono importanti correttivi. Bisogna dar vita a un Senato delle autonomie e delle garanzie: per me resta preferibile che venga eletto dai cittadini, in concomitanza con l’elezione dei Consigli regionali. Sono convinto che scegliere i propri rappresentanti nelle istituzioni sia un diritto. In ogni caso, sono indispensabili modifiche che rendano coerente la riforma con una democrazia moderna.
Nel mondo sono molti i focolai di guerra e violenza, a partire dalla follia del terrorismo di matrice islamica e dall’eterno conflitto israelo-palestinese; ma registriamo anche segnali positivi, come la caduta del “muro” diplomatico che separava gli Stati Uniti e Cuba. Un ruolo importante lo hanno avuto gli ultimi Papi, in particolare Francesco, a dimostrazione del fatto che le religioni possono contribuire a costruire la convivenza pacifica tra i popoli.
Un mondo senza violenza deve diventare una grande utopia condivisa e dunque capace di realizzarsi.

Ps: Agli amici del blog i miei sinceri auguri per un Natale sereno con i vostri cari e per un anno nuovo ricco di soddisfazioni. Ci ritroviamo dopo l’Epifania.