Di: Giovanna Casadio

ROMA «Non intendo frenare, ma ci vogliono correzioni sulle riforme. Il pasticcio delle Province si ripercuoterà ingigantito nel Senato delle autonomie» Vannino Chiti, dem dissidente, non vuole sentire parlare di una corsa alla cieca.

Una road map incalzante di Renzi sulle riforme e un pressing da parte di Napolitano? Chiti, lei invece frena?

«Sia io in accordo o in disaccordo, non polemizzerei mai con Napolitano. Comunque non sono affatto un frenatore. Se avessi voluto frenare ci sa­rebbe stata più di un’occasione. Bastava uscire dall’aula e mancava il numero legale. Sono per superare il bicameralismo paritario e perché la Camera solo dia la fiducia ai governi; sono per la riduzione non solo del numero dei senatori ma anche di quello dei deputati; sono perché l’indennità di deputati e senatori sia equiparata al Sindaco di Roma e perciò dimezzata. Mi sento un acceleratore, anche se con un’altra impostazione. Non c’è una sola via per superare il bicameralismo paritario, altrimenti basterebbe un registratore, invece della politica».

Ma un colpo di acceleratore consentirebbe un buon bilancio anche a Napolitano al momento delle dimissioni?

«Napolitano né lo ha chiesto né sarebbe possibile. Le riforme si devono fare presto ma bene. Il ha Paese ha bisogno di una buona legge elettorale in tempi rapidi. Tuttavia ci vuole un rinnovamento e non un impoverimento della democrazia».

Lei vuole la riforma del Senato ma è sempre sulle barricate perché non condivide la proposta del governo?

«Ritengo ancora che se i senatori fossero eletti dai cittadini quando si vota per i consigli regionali ci sarebbe ugualmente il superamento del bicameralismo paritario e però la piena legittimità che deriva dalla scelta che i cittadini fanno dei loro parlamentari».

Darà di nuovo battaglia sui senatori eletti, quando la riforma torna al Senato?

«La mia convinzione è che l’Italia non possa permettersi che le Province non siano elette dai cittadini, ma c’è; che il 60% dei deputati non sia scelto dai cittadini ma nominato. Correggiamo alcune delle cose scelte fin qui. Sulla legge elettorale, no ai capilista bloccati. Ho presentato un emendamento per ripristinare il Mattarellum».

Renzi vuole obbedienza, non lealtà, è l’accusa di Bindi. Lei è d’accordo?

«La lealtà è obbligo, ma sulla Costituzione e la legge elettorale il ruolo primario spetta al Parlamento non al governo. La lealtà è un valore ma l’obbedienza non è una virtù».