Desidero salutare e ringraziare il Sindaco di Certaldo Andrea Campinoti, per avermi invitato a partecipare alla Commemorazione dell’Eccidio di Montemaggio. Rivolgo un ringraziamento sentito anche ai sindaci dei comuni di Barberino Val D’Elsa Maurizio Semplici, di Casole D’Elsa Piero Pii, di Colle di Val D’Elsa Paolo Brogioni, di Gambassi Terme Federico Campatelli, di Poggibonsi Lucia Coccheri, di Monteriggioni Angelo Fantucci, di Radicondoli Emiliano Bravi, di San Gimignano Giacomo Bassi, ai rappresentanti dell’Anpi, della Regione Toscana, del Comune di Firenze, ai rappresentanti delle province di Siena e Firenze, dell’ Istituto Storico della Resistenza di Siena, e a tutti quelli che oggi, come noi, hanno voluto rendere omaggio ai partigiani e a quanti si sono impegnati nella Resistenza italiana.

IL RICORDO E LA MEMORIA.
In località ‘La Porcareccia’, sulle pendici del Montemaggio, 70 anni fa, 19 ragazzi vennero trucidati brutalmente dai fascisti. Oggi li ricordiamo grazie al prezioso contributo di Vittorio Meoni, al tempo giovane partigiano, scampato all’eccidio. Un ringraziamento sentito lo dedichiamo a lui che con coraggio si è fatto testimone di quel  massacro ed è stato portavoce in prima linea perché non si smarrisse la memoria dell’eccidio. Commoventi, sempre, le parole del suo ricordo:
Saranno state ormai le quattordici circa, giungemmo alla Porcareccia. Era qui che i fascisti avevano predisposto la fucilazione… La disposizione era questa: noi presso il muricciolo, otto o nove metri davanti a noi i fascisti, al lato il milite di guardia al viottolo verso il bosco… A questo punto ci fu dato un ordine: “Levatevi le scarpe!”. La sensazione, o il timore, di essere fucilati li avevamo avuti anche a Casa Giubileo e a Campo ai Meli; ma questa volta non avemmo più dubbi. Era chiaro che i fascisti davanti a noi, con una mitragliatrice piazzata ed uno pronto ad azionarla, con i mitra puntati, avevano formato un vero e proprio plotone d’esecuzione. Non c’era più scampo..…In quello stesso momento io decisi di tentare la fuga….Senza esitazione misi una mano sulla spalla di Gagge, che mi sedeva accanto, sia per avvertirlo in qualche modo della mia decisione, sia per avere un punto d’appoggio che mi consentisse di alzarmi e darmi la spinta per la fuga. Non so se Gagge tentò di seguirmi; come non so se altri fecero il mio stesso tentativo. Forse, non ne ebbero neppure il tempo. Nell’attimo stesso che io mi alzai e infilai il viottolo che immetteva nel bosco, la mitragliatrice e i mitra del plotone d’esecuzione cominciarono a sparare…”.

Vorrei rivolgere un ringraziamento anche ai giovani presenti, perché resti vivo in loro il ricordo. Come scriveva Kahlil Gibran, poeta e filosofo libanese, ”il ricordo è un modo per incontrarsi, giacché nel ricordo non vi sono lontananze; e nell’oblio vi è un abisso che né la voce né l’occhio potranno mai accorciare ”.
È per noi doveroso allora trasmettere la memoria di  quelle rappresaglie con le quali i fascisti e i nazisti colpivano non solo i partigiani ma anche popolazioni civili inermi, nel disprezzo totale della vita umana e della dignità della persona. L’obiettivo era quello di diffondere terrore e costringere con la tortura persone spesso innocenti, a confessare il falso; denunciandoli, imprigionandoli e nel peggiore dei casi uccidendoli, straziando i loro corpi. La crudeltà di questi massacri, che colpivano partigiani e civili, veniva meglio descritta nelle umiliazioni a cui le vittime venivano sottoposte con violenza.
Salvatore Quasimodo ricorda le atrocità fascio-naziste, e ci commuove ancora con l’epigrafe che sorge sulla collina di Miana, sovrastante Marzabotto. “Questa è memoria di sangue, di fuoco, di martirio, del più vile sterminio di popolo, voluto dai nazisti… ”
Tocca a noi, a noi cittadini, tenere viva la memoria e rendere onore e dignità a tutti quelli che si sono battuti ieri, e, che si battono oggi in paesi lontani, per la libertà e la democrazia, dalla Turchia all’Ucraina, dai Paesi arabi alla Birmania.  La libertà e la  democrazia sono valori universali.
Credo sia giusto, in questa occasione, ribadire il valore della Resistenza, in modo chiaro: la scelta di fece parte della Repubblica sociale non può essere messa sullo stesso piano della scelta di entrare nella Resistenza. Una cosa è il dovere della pietà verso i caduti, altra il giudizio politico, morale, storico. Chi combatté per la Repubblica sociale italiana fu a fianco dei nazisti e si macchiò spesso di crimini orrendi. La Resistenza al contrario, rappresentò nel nostro Paese, la lotta per riconquistare libertà e democrazia, a fianco degli eserciti che nel mondo affrontarono nazismo e fascismo. Gli ideali della Resistenza, volevano essere questi: libertà, democrazia amor di patria, pace e diritti umani.
I cittadini italiani seppero unirsi attorno a quei valori, che il fascismo aveva calpestato. Il fascismo fu una dittatura feroce: abolì le libertà, represse gli oppositori attraverso aggressioni, violenze, torture e assassini. Ricordo Antonio Gramsci, Giovanni Amendola, i fratelli Rosselli uccisi da formazioni fasciste a Bagnoles- de-l’Orne, Piero Gobetti e Don Minzoni. Ma furono migliaia quelli costretti all’esilio, al confino, all’arbitrio di violenze o arresti.
Li ricordiamo ancora oggi, così attuali e vivi in noi, perché quei valori e quel senso di giustizia non vogliamo più dimenticarli.
“Giustizia e libertà, per questo morirono, per questo vivono”, come scrisse, per il Cimitero di Trespiano, Pietro Calamandrei.

IL RISCHIO DELLE FORZE NEOFASCISTE E EUROSCETTICHE. L’EUROPA E I SUOI VALORI.
Tenere viva la memoria non è solo un dovere per i sacrifici di quanti ci hanno di nuovo donato la libertà. È indispensabile anche per porre un argine rispetto al pericolo che corriamo, nel XXI secolo, del riemergere di idee e forze estremiste. Oggi in Europa si assiste ad un aumento di forze razziste, ad un populismo reazionario nemico della democrazia e dell’Europa. Vediamo, purtroppo, la crescita di forze xenofobe che, cavalcando l’onda della crisi economica ed il malcontento sociale, conducono campagne contro l’Europa, la moneta unica, gli immigrati, i diversi per razza, religione, tendenze di vita.
Malcontento e sofferenze sociali vengono strumentalizzati da parte di alcune forze politiche portatrici di culture di intolleranza per raccogliere consenso su posizioni nostalgiche di un passato che non esiste più, per soluzioni tanto semplicistiche quanto dannose se messe in atto. È il pericolo dei populismi in Europa. A due mesi dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, il rischio che corriamo è quello di arrivare a un dilagare delle forze anti europee, reazionarie, fondate esclusivamente su leadership personali ed effimere.
I movimenti, culturali e politici dell’estrema destra nella società non hanno una presenza marginale. Queste formazioni stanno già proliferando in diversi paesi. Nel Parlamento europeo sono già presenti partiti di orientamento xenofobo e anti-europeo. In Italia Casa Pound – non a caso presa ad esempio da organizzazioni estremiste europee – escono dai confini tradizionali della destra radicale ed assumono temi propri anche della sinistra, come quelli del welfare, della critica del capitalismo, della giustizia sociale. Ma coprono l’odio per gli immigrati, il ritorno ad un nazionalismo gretto, l’avversione per l’Unione Europea. Sempre in Italia, la Lega Nord centra il suo programma non più solo sulla ricerca di una divisione tra Nord e Sud, sull’ostilità nei confronti degli immigrati: ha stretto un’alleanza con il Fronte Nazionale francese di Marine Le Pen, l’estrema destra francese. È una pericolosa involuzione di una formazione che era nata avendo tra i suoi obiettivi anche quello del  federalismo.
Se le forze della destra reazionaria e nemiche dell’Unione Europea dovessero affermarsi sarebbe il declino non di questo o quel paese, ma dell’Europa: nel mondo globale Italia, Francia o la stessa Germania da sole non hanno futuro, di fronte ai giganti – Usa, Russia, Cina, India – protagonisti di questa fase della storia.
Sarebbe inoltre il declino della cultura della tolleranza, del dialogo, l’arresto della costruzione di una Casa comune dei popoli europei, che ha preso avvio dopo le tragedie del nazifascismo. L’Europa unita in una convivenza pacifica e senza frontiere è un sogno diventato realtà grazie all’impegno e alla visione di grandi leader, che avevano vissuto le tragedie delle guerre. Abbiamo il dovere di far vivere nel presente la memoria e la consapevolezza che l’Unione Europea, costruita su valori fondamentali, non revocabili, quali la libertà, il pluralismo culturale e religioso, lo Stato di diritto, la democrazia, l’economia sociale di mercato, è una conquista senza precedenti, realizzato nella pace e con il consenso.
Dobbiamo dare nuovo vigore a quei valori assicurando ai cittadini europei una convivenza fondata sulla solidarietà e la giustizia, il benessere diffuso, l’insieme irrinunciabile di diritti e doveri. L’Europa deve essere la patria del progresso. Unita nella ricchezza delle sue diversità , nella solidarietà, nella consapevolezza di un destino comune. Abbiamo bisogno di “più Europa”, ma di “un’Europa diversa: dobbiamo affermare politiche per uno sviluppo socialmente e ambientalmente sostenibile, con al centro l’occupazione, il diritto ad un lavoro degno. Dobbiamo dare slancio alla realizzazione di una grande democrazia sovranazionale: gli Stati Uniti d’Europa.
È questo il compito della politica nel nostro tempo: un compito che sappia appassionare i cittadini, prima di tutto le giovani generazioni. Come fu nel XIX secolo per il Risorgimento e nel XX secolo per la Resistenza contro il nazismo, il fascismo ed ogni totalitarismo, di qualsiasi colore.
La Costituzione
La nostra Costituzione, nasce proprio dalle esperienze di solidarietà e da battaglie che, durante la Resistenza, affrontarono i nazisti e il regime fascista. La Carta fondamentale, l’insieme dei diritti e dei doveri dei cittadini italiani, è nata dalla Resistenza ed è grazie ad essa che l’Italia è stata ed è protagonista della costruzione dell’ Unione Europea.
I partigiani, quanti li hanno aiutati, hanno sfidato le dittature fascista e nazista, quanti sono morti, ci hanno fatto il dono della libertà e dei valori di giustizia e democrazia. È tutto scritto lì nella Costituzione, in particolare nella prima parte, nei primi 12 articoli, dove sono raccolti i valori e le libertà che fondano la nostra vita collettiva.
Voglio ricordare l’articolo 11: L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Lo spirito di questo articolo ci aiuta a capire la scelta di aderire da protagonisti alla costruzione dell’Unione europea;  è la scelta di ogni singolo Stato di entrare a fare parte di una comunità, vicina per storia, cultura e tradizione e con essa lo spirito di impegnarsi insieme contro le guerre e il terrorismo per l’affermazione dei diritti umani e per la solidarietà tra i popoli.
L’aggiornamento della Costituzione, di cui si discute ancora in questi giorni e di cui si occuperà prossimamente il Parlamento, è un obiettivo necessario, di cui si parla da tanto tempo senza che si sia giunti a risultati concreti. Deve essere perseguito con il coinvolgimento ampio delle forze politico-parlamentari e con il consenso dei cittadini. La Costituzione non è dei partiti o degli esponenti politici o parlamentari del momento ma del popolo italiano. E gli ammodernamenti della Costituzione devono essere coerente con i valori che la fondano, con la struttura che la organizza. É giusto e urgente ridurre il numero dei deputati e dei senatori, superare il bicameralismo perfetto, che deve però rimanere per le modifiche della Costituzione, le leggi che riguardano i diritti umani, i trattati internazionali e le leggi elettorali.
La legge elettorale, che ha rapporti fiduciari con il Governo, deve avere un impianto maggioritario, così da per la Camera che dà assicurare la governabilità. Sarebbe però un impoverimento della democrazia se al tempo stesso non ci fosse una vera seconda camera di garanzia, che rappresenti anche i territori.
É giusto che il primo ministro – come può fare un Sindaco o un Presidente di Regione –  possa revocare i ministri che compongono il suo governo; è  coerente con la Costituzione introdurre, come in Germania, il meccanismo della sfiducia costruttiva, in base al quale la Camera può sfiduciare il primo ministro solo se contestualmente ne indica e ne elegge uno nuovo.
Questi impegni sono importanti per rendere la nostra democrazia più in grado di funzionare, più efficace, in un mondo che cambia; per essere in prima fila nel dare slancio alla realizzazione di una grande democrazia europea.
Al tempo stesso dobbiamo riavvicinare le istituzioni repubblicane ai cittadini, con il rigore e la sobrietà di quanti, ad ogni livello, si impegnano in politica, con un lavoro deciso per restituire speranza e fiducia al nostro popolo.
Il diritto ad un lavoro degno; la giustizia e l’uguaglianza; diritti e doveri per quanti legalmente vivono in Italia devono rappresentare le direttrici della rotta da seguire.
È così che la Costituzione vive e accompagna il cammino presente e futuro del nostro popolo.
Viva la resistenza, Viva l’Italia!

MONTEMAGGIO – LA STORIA.
Il 28 Marzo del 1944, nel Comune di Monteriggioni, 19 partigiani              furono uccisi dalla Guardia Nazionale Repubblicana.
Due diversi distaccamenti di partigiani, comandati da Velio (detto ‘Pelo’) e da Mauro (detto ‘Borsa’), avevano trovato rifugio presso una casa di contadini: Casa Giubileo, situata sulle pendici del Montemaggio. I gruppi partigiani avevano due prigionieri, il capitano della milizia forestale Brandini ed un ufficiale nazista, che avrebbero voluto scambiare con alcuni detenuti politici reclusi nel carcere di Siena.
Trovati e accerchiati, i 20 partigiani, vennero condotti in località ‘La Porcareccia’ e vennero ammassati in un piccolo spazio. Prima di essere fucilati i ragazzi vennero fatti allineare e dopo aver intimato loro di togliere scarpe e valori uno dei ragazzi gridò: ‘non ci ammazzate’, il maresciallo dei carristi, fascista, rispose seccamente: ‘Non c’è più misericordia’.
I 19 partigiani vennero tutti trucidati, tranne uno: il partigiano Vittorio Meoni.
Tutti barbaramente uccisi, poco più che maggiorenni. Ricordiamoli;
Angiolo Bartalini, Piero Bartalini, Emilio Berrettini, Enzo Busini, Giovanni Cappelletti, Virgilio Ciuffi, Franco Corsinovi, Dino Furiesi, Giovanni Galli, Aladino Giannini, Ezio Grassini, Elio Lapini, Livio Levanti, Livio Livini, Folco Martinucci, Ennio Nencini, Orvino Orlandini, Luigi Vannetti, Onelio Volpini.