Sulle riforme rischiamo di imboccare contromano l’autostrada del futuro della nostra democrazia. Sono a rischio l’equilibrio tra i poteri, l’autonomia del Parlamento, un sistema adeguato di garanzie.
In Italia abbiamo un sistema di controlli insufficiente. La stessa nostra cultura politica tende a sottovalutarli.
Il Ddl proposto dal governo – per quanto in parte modificato dai relatori – e la legge elettorale Italicum, spostano oggettivamente il peso decisionale a favore degli esecutivi.
Le assemblee legislative del futuro sarebbero così formate: la Camera, eletta dai cittadini con liste più piccole ma ancora bloccate, un premio di maggioranza sproporzionato e soglie di sbarramento troppo alte, che lasceranno senza rappresentanza milioni di voti; il Senato, eletto nel chiuso dei Consigli regionali, con liste bloccate concordate tra i partiti in base a due criteri opposti: uno proporzionale, l’altro maggioritario.
Non serve un analista raffinato per comprendere come chi vinca le elezioni avrà di fatto il controllo di tutto: governo, Parlamento, la stessa scelta del Presidente della Repubblica.
Il quadro si presenta ancor più inquietante dal momento che ieri il ministro Boschi ha aperto all’opzione presidenzialista. Non si tratterebbe da noi di un presidenzialismo equilibrato e democratico come quello degli Stati Uniti: là, l’elezione diretta del Presidente, anche capo del Governo, si accompagna ad una Camera e ad un Senato eletti dai cittadini, con funzioni forti e piena autonomia. Questo modello, pur non essendo quello che considero migliore per l’Italia, lo firmerei subito. No, in Italia si vorrebbe introdurre l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, con un Parlamento indebolito e non legittimato dal voto dei cittadini.
Il modello regionale – che ha bisogno di profonde e urgenti modifiche -, dal momento che è certificato lo squilibrio tra Presidente e assemblea, assurgerebbe così a riferimento nazionale. Una soluzione che non è innovativa: guarda secondo me più al passato che al futuro.
Grazie per l’onesta battaglia che stai conducendo.
La delicata e lecita scelta della rappresentativita’ , ai cittadini, deve garantirsi attraverso un “polo” trasversale e culturalmente eterogeneo, a suffragio delle liberta’ individuali.
La “governabilita'” quale ricatto e falsa promessa di “cambiamento” delle sorti del Paese, deve osteggiarsi in nome del pluralismo.
Solo, attraverso la vera azione Parlamentare e non con decreti legge del Governo, sara’ possibile condvidere una Riforma attualmente indivisa.
La ringrazio, per il Suo personale impegno.
La Politica intesa come riscoperta di ideali e valori condivisi in un’era caratterizzata da troppi twitter e poche riflessioni non e’ cosa da poco , Grazie Senatore
Grazie di esistere…e di resistere!
Gentile Senatore, la prego di continuare a opporsi a queste riforme. Siamo tantissimi a non essere d’accordo. Tanti sono anche nel PD. Questi cittadini vengono zittiti da un atteggiamento autoritario da parte del presidente del consiglio, assecondato da organi di informazione totalmente compiacenti e asserviti. La base del PD non avrebbe ai accettato questa svolta se fosse venuta da Berlusconi da solo: ora il problema è direttamente in casa. Opponetevi, voi rappresentate la Nazione! Non pensate di essere in minoranza nel paese! Non fate calpestare e sfregiare la Carta.
la battaglia è campale e il ricorso al voto segreto è obbligato o tutto il vs percorso sarà stato inutile, oltre che incomprensibile…
grazie senatore. con grande stima
Caro Chiti, la ringrazio per il suo coraggio e la invito a fare tutto ciò che è umanamente possibile per bloccare questa scellerata riforma del Senato. Ho capito adesso, dopo così tanto tempo a fianco del Pd (e di ciò che c’era prima), che non esiste un approdo sicuro per il nostro impegno. Che dobbiamo riconquistarci giorno dopo giorno le nostre libertà, altrimenti le perdiamo. E’ strano, per me, che adesso questo attacco all’equilibrio dei poteri (perché di questo si tratta) arrivi proprio dal Pd: non lo capisco davvero e ne sono dispiaciuto. La democrazia, però, è più importante di un partito. Anche del partito in cui si è sempre creduto