Di: Dino Martirano

ROMA — «Vediamo se il governo, in sede di replica in aula, prima del voto sulla riforma del Senato, avrà la forza di dire chiaramente al Parlamento come ha intenzione di modificare “l’Italicum”. Sarebbe un bel gesto nei confronti delle Camere, da parte del Presidente Renzi o del ministro Boschi, perché se le modifiche alla legge elettorale che è in cantiere fossero sostanziali e riguardassero soglie di sbarramento, preferenze o collegi, potremmo lavorare certamente in un clima più disteso. Se c’è un dialogo vero sulla legge elettorale, vedo un elemento di preoccupazione in meno sugli equilibri generali…». Fino a cambiare idea sul testo del nuovo Senato, che riduce di due terzi i senatori, per giunta eletti in via indiretta dai consigli regionali? «No, questo non me lo potete chiedere a queste condizioni date…».
Al senatore democratico Vannino Chiti, considerato a torto o a ragione il capo dei non allineati sulla riforma del Senato, piace parlare al singolare: «lo non ho una corrente, c’è un’analisi condivisa tra molti parlamentari sui mali di questa riforma che non va, su diversi punti». Per cui l’appello lanciato al governo dall’ex ministro — definito a più riprese dai lealisti del Pd come «guastatore», «frenatore», «rosicone», «gufo» e via dicendo — porta in calce esclusivamente la sua firma: «Se il governo proponesse solo piccole modifiche sull’Italicum io mi sentirei in forte disagio anche nei confronti della legge elettorale, che non ha bisogno di un semplice maquillage. Se, invece, il dialogo diventa vero, autentico, il clima può cambiare. Ecco, vediamo se il governo è in condizione di dare questo chiarimento in aula, magari martedì o mercoledì in sede di replica. E non mi si dica che sono un frenatore perché qui nessuno chiede di bloccare il voto sulla riforma».
Non è un capriccio da prima donna del Parlamento quello di voler capire, in anticipo sul varo della riforma del Senato, quali saranno poi le regole elettorali: «Perché — osserva Chiti andando al punto, con un occhio rivolto anche alle reazioni della parte del Pd più legata a Pierluigi Bersani — se alla fine avessimo una Camera di nominati e un Senato di eletti dai consiglieri regionali, dopo eterne mediazioni e inciuci fuori e dentro le maggioranze regionali, avremmo fatto proprio un bel capolavoro di democrazia».
I punti sui quali Chiti chiede al governo di svelare le carte in aula sono sostanzialmente tre. Le soglie di sbarramento: «Ne restano tre — al 4,5% (par¬titi coalizzati), all’8% (non coalizzati) e al 12 % (per le coalizioni)—oppure si fa come in Germania con un’unica soglia al 4-5%?». La scelta dei parlamentari: «Restano le tiste bloccate oppure si va verso le preferenze o i collegi uninominali?». Le multi candidature che tanto piacciono ad Alfano: «Si cancellano oppure no?».
Sul primo punto, le soglie, Chiti non si fa grandi illusioni: «Ritoccheranno qualcosa ma ne lasceranno tre perché su questa riforma ha messo la firma Denis Verdini (l’uomo della trattativa per conto di Forza Italia, ndr): lui, con tutte queste soglie, è convinto di riacchiappare Casini e Quagliariello ma lo sforzo è inutile perché loro già stanno pensando di tornare a casa, da Berlusconi». Sugli altri punti si vedrà: «Ma è certo che con una risposta aperta del governo si fissano le premesse per convergere sulla legge elettorale della Camera anche se poi rimane un dissenso forte sulla riforma costituzionale».
Dunque, il percorso proposto da Chiti è questo: domani e martedì discussione generale sulla riforma del Senato, mercoledì in sede di replica comunicazioni del governo sulla legge elettorale per poi procedere alle votazioni sulla riforma costituzionale da chiudere in prima lettura entro luglio. Con una variante che potrebbe piacere molto anche al premier Renzi: «Se anche venisse approvata la mia riforma del Senato, che io reputo più giusta e funzionale, inserirei tra le norme transitorie l’obbligo di svolgere in ogni caso il referendum confermativo perché noi siamo un Parlamento di delegittimati eletti con il Porcellum…Quindi, anche se non ho potuto approfondire l’argomento a livello di regolamento, non mi si parli di voto segreto in aula. Io in questa battaglia ci metto la faccia».