ROMA. Su temi come «immunità e attività legislativa» bisogna intervenire, altrimenti «trasformeremo il nuovo Sento in un inutile parerificio». Vannino Chiti, senatore leader dei “ribelli” Pd e autore della proposta alternativa a quella del governo sulle riforme costituzionali, non crede che nei prossimi giorni possa esserci un’apertura da parte di Matteo Renzi nei confronti di quegli esponenti Dem che non accettano il Patto del Nazareno. Chiti, però, continua ad augurarsi che si possa «aprire in Aula un confronto sereno» ma non nasconde le perplessità su di una riforma che rischia «di farci versare più lacrime di quanto accaduto con il Titolo V». In linea con la segreteria del Pd, invece, sul caso della condanna di Vasco Errani, «persona perbene, che stimo» e che con le sue dimissioni ha mandato «un messaggio di grande responsabilità istituzionale».

Chiti, a pochi giorni dall’ingresso in Aula del testo sulle riforme costituzionali c’è ancora il tempo per trovare un’intesa con Renzi?

«Non c’è mai stato un confronto pienamente aperto, ma franche discussioni nell’assemblea del gruppo sì. Tanto è vero che su alcuni aspetti, ad esempio le competenze del nuovo Senato, le nostre proposte sono state in gran parte inserite nel testo dei relatori».

Anche sul numero dei senatori, alla fine il testo del governo ha accolto la vostra proposta.

«Inizialmente i senatori dovevano essere 148. Noi abbiamo chiesto di scendere a 100 e la proposta è stata accolta Di questo sono molto soddisfatto, peccato che nel frattempo siamo stati etichettati come persone in cerca di visibilità sui giornali o sabotatori».

Quali sono gli aspetti della riforma che vanno cambiati?

«Su temi come la libertà religiosa, i diritti delle minoranze e su leggi che hanno un fondamento etico, non può legiferare prevalentemente la Camera che esprime la maggioranza di governo. Queste materie devono essere di competenza dell’intero Parlamento perché se domani chi vince le elezioni deciderà su questi argomenti con ampia discrezionalità, a chi non è d’accordo resta solo il referendum».

Quindi se c’è accordo su questi aspetti c’è la possibilità di trovare ancora un’intesa?

«A questi temi va aggiunta la questione immunità, che non andava bene prima figuriamoci ora che il Senato sarà composto da consiglieri regionali e sindaci. C’è poi il capitolo delle leggi non paritarie, quelle cioè su cui la Camera deve avere l’ultima parola. Non è vero, come dice il governo, che il nuovo Senato funzionerà come il Bundesrat tedesco. In Germania se il Bundesrat avanza una proposta, la Camera può respingerla ma deve farlo con la stessa maggioranza con cui il provvedimento è passato nell’assise espressione dei governi regionali. Con la proposta del governo, invece, basterebbe un semplice 50 percento più uno. Così trasformiamo il Senato in un ente che produrrà solo pareri inutili».

Quali perplessità sull’ltalicum?

«L’Italicum prevede piccole liste, ma non introduce né collegi uninominali né preferenze. Questo vuol dire una Camera di 630 nominati e un Senato eletto in secondo e terzo grado perché del listino in cui inserire, contestualmente alle elezioni regionali, il nome dei futuri senatori non si è saputo più nulla. Sono cose che ci allontanano dalla gente».

Ma se dal governo propongono di chiudere sul Senato ma, parallelamente, di aprire un discussione su come modificare l’Italicum, si potrebbe trovare un punto di caduta?

«L’Italicum è collegato al nuovo Senato ed è stato un errore quello dei miei colleghi di partito alla Camera che hanno separato le due cose. Vorrei che ci fosse un confronto aperto ma in Aula, nelle corrette sedi istituzionali. Conoscere con esattezza quale sarà la nuova legge elettorale ci consentirà di capire se gli attuali squilibri si superano o si moltiplicano. Ovviamente, una diversa impostazione dell’Italicum può spingere verso certe riflessioni ma non far venire meno temi come l’immunità».

Però così c’è il rischio di perdere altro tempo?

«Assolutamente no, per fare chiarezza basta mezz’ora. Se invece si va in modo confuso su certi aspetti, c’è il rischio di versare più lacrime di quanto fatto con la riforma del Titolo V. Molte di queste saranno lacrime di coccodrillo perché qualcuno è consapevole di quello che si sta facendo ma io questa responsabilità non la voglio».
Parlando del Pd, invece, si può dire che da quando Renzi è segretario il livello» del dibattito interno si è abbassato di molto?

«Se uno pensasse che il Pd di oggi è dovuto ai tre mesi di segreteria Renzi, direbbe una sciocchezza, Noi, però, non siamo riusciti a fare del Pd un partito plurale e alla fine è emersa una struttura che si presta a essere più personale. Insieme ad altri ho la responsabilità di questo, ma a Renzi un partito personale può andare bene».

Cosa pensa, invece, della condanna di Errani e delle sue dimissioni?

«Conosco Errani da una vita. È una persona per bene. Penso che stia passando un calvario e gli sono vicino, Ha fatto un gesto di grande responsabilità istituzionale ma secondo me non è colpevole».

È d’accordo conia decisione della segreteria che chiede di ritirare le dimissioni?

«Politicamente è giusto chiederlo, ma davanti a situazioni come questa ognuno decide con la propria coscienza»

Ma in occasione dell’arresto del sindaco di Venezia, Giorgio ursoni, il Pd fu meno “garantista” e prevalse la linea di Renzi per cui “chi sbaglia paga”.

«Sono due vicende diverse che non possono essere paragonate, Se uno parcheggia in zona vietata sbaglia, ma non è la stessa cosa di investire una persona. Le situazioni vanno pesate in modo oggettivo».