Di: Monica Guerzoni

ROMA – Sono deluso, il Pd non è quello che sognavo».
Vannino Chili deluso dal Pd? Lei è stato presidente della Toscana, ministro delle Riforme, vicepresidente del Senato…

«E sono stato sempre leale. Sono amareggiato sul piano personale, per quanto sereno e a posto con la coscienza. Sono stato sostituito in commissione in modo preventivo, senza che Zanda mi avesse detto nulla. Non si sono fidati di me e questo mi offende».

Il Pd rischia la scissione per una questione personale

«La scissione sarebbe sbagliata. Ma un partito non può essere l’attendente che segue un governo. Io non ho mai visto, nella storia repubblicana, una cosa così grave. È stato calpestato l’articolo 67 della Costituzione, dove è scritto che ogni parlamentare rappresenta la nazione senza vincolo di mandato».

Per Zanda l’articolo 67 non c’entra e i senatori possono essere sostituiti.

«La lettura che stanno dando, secondo cui l’assenza di vincolo di mandato vale per l’Aula e non per le commissioni, è un irresponsabile arrampicarsi sugli specchi. Invece di scherzare si leggano lo statuto del Parlamento europeo che, come la Costituzione italiana, difende la libertà di dissenso di ogni parlamentare. In commissione e in Aula».

Per questo vi siete autosospesi in 14?

«Io penso che dove i parlamentari sono meno liberi, è meno libero anche il Paese. Purtroppo devo dire che il peggiore apporto del Movimento 5 Stelle sta condizionando il Pd».

Renzi ha detto che lui non è Grillo.

«Per i Cinquestelle ogni eletto è di proprietà del partito. O fa quello che dice il capo, o viene buttato fuori. E una visione gravemente sbagliata e sta penetrando nel Pd».

Lei e Mineo non siete stati epurati, secondo Renzi.

«Un dimissionamento autoritario è una epurazione. Hanno una visione della politica solo come comando e non come confronto, nel Pd non ci si ascolta più e si fanno scattare subito i numeri».

Al Senato i numeri sono risicati e Renzi ha promesso agli italiani le riforme. Perché bloccarle?

«Io non mi sento un conservatore. La limitazione dell’articolo 67 rende le commissioni una sorta di sezione di partito, dove si attuano gli ordini di quella forza politica e questo snatura le istituzioni. Berlinguer parlava del rischio di una degenerazione dei partiti, di una occupazione partitica delle istituzioni…».

Farete anche voi ricorso?

«Sì, un ricorso può certamente essere fatto. Mario Mauro lo ha presentato al presidente del Senato. Ma prima di tutto vorrei che venisse ripristinato il punto costituzionale fondamentale dell’articolo 67. Su questo vado fino in fondo».

In fondo, fino a lasciare il gruppo?

«Sul valore della Costituzione io non posso, non posso, non posso cedere di un millimetro. Nella storia non ho mai visto un popolo libero se il Parlamento è poco libero. Perché contestiamo i Cinquestelle se poi il nostro partito controlla gli eletti? Mi piace vincere, anche a calcetto con gli amici. Ma non si può vincere tradendo i propri ideali».

È un’affermazione forte, senatore. Perché il premier, conquistando il 40,8 avrebbe tradito i propri ideali?

«Se la sinistra vince, deve farlo con i valori della sinistra e non mascherandosi da destra. Perché la destra ha metodi differenti, che non sono i nostri. Attenzione a non lasciare margini di ambiguità, perché se lo facessimo pagheremmo caro il successo di un giorno».

A quali condizioni ritirerete l’autosospensione?

«Rientra solo se ammettono l’errore sull’articolo 67. Non chiedo mea culpa, ritrattazioni o scuse, chiedo che il Pd dica che l’articolo 67 è sacro e inviolabile e che mai più accadrà quel che è successo a noi. Altrimenti la controriforma della Costituzione è già stata fatta. Mi aspettavo una levata di scudi di tutto il Parlamento, invece i miei colleghi fanno finta di non sentire, come le tre scimmiette».

E se Renzi non ci ripensa? Lascerete il Pd?

«Oggi esiste solo quel che ho detto. Io ci tengo a questo partito e mi sembra inverosimile che la forza politica fondata per diventare la casa comune della sinistra plurale attui dimissionamenti autoritari. Il governo sappia che sulla riforma costituzionale non potrà procedere a colpi di fiducia. Non è mai successo e sarebbe grave».

Niente espulsioni, ha detto Renzi.

«Mi auguro che non accada, ma se vogliono arrivare all’espulsione lo facciano. Se fosse questo, si può vincere una volta però alla lunga si perde, perché si staccherebbero pezzi di consenso. A Renzi il Pd così com’è sta bene, a me no. E lo dice uno che ha maggiori responsabilità di lui, essendo tra coloro che glielo hanno consegnato così».

Allora è vero… State progettando un nuovo gruppo?

«A nome dei 14 senatori le dico che, qualunque cosa succeda, non toglieremo la fiducia. Voteremo con il Pd, anche se dovessero buttarci fuori».

La Proposta:

 Ad aprile, mentre si discute sulla riforma del Senato, spunta il disegno di legge di Chiti, alternativo al testo del governo. Prevede che i senatori siano eletti direttamente dai cittadini e che percepiscano una diaria, ma dimezza il numero dei parlamentari (106 a Palazzo Madama e 315 a Montecitorio). E’ sottoscritto da 35 senatori e riceve l’apertura del M5s.