Le elezioni si sono concluse con un esito netto: il Pd ha in Italia e in Europa la responsabilità di guidare il cambiamento. Lavoro, sviluppo sostenibile, superamento della logica del rigore finanziario fine a sé stesso, giustizia sociale dovranno essere al centro dell’agenda politica del governo e vogliamo che lo siano anche in quella delle istituzioni europee. I 31 europarlamentari democratici, i 189 di tutto il Pse, il semestre italiano di presidenza che avvia la legislatura, sono l’occasione per sollecitare la riforma dell’Unione Europea. Vogliamo un’Europa solidale, che dia opportunità di lavoro ai giovani e non si dimentichi di chi è rimasto indietro. Vogliamo costruire, passo dopo passo gli Stati Uniti d’Europa che assumano la responsabilità di governare la politica estera e di sicurezza, le scelte macro-economiche, le sfide ambientali e l’energia. È il programma delle forze progressiste: per esso ci batteremo e su questa base si potrà realizzare l’alleanza per guidare le istituzioni dell’Unione.
Le forze populiste hanno triplicato i seggi nel Parlamento europeo. È un segnale di sfiducia, da non sottovalutare. La risposta è in una svolta profonda, che realizzi un’Europa diversa da quella tecnocratica e intergovernativa voluta dalle destre che negli ultimi anni sono state alla testa di quasi tutte le nazioni europee. L’Unione non può essere la somma di 28 governi che decidono dopo estenuanti trattative, con pratiche non trasparenti, lontane dai cittadini.
Forza Italia e M5S hanno subito una seria sconfitta: Grillo ha perso 2 milioni e mezzo di voti perché tanti italiani sono rimasti delusi dall’assenza di proposte e dal protagonismo degli insulti. Il M5S va ora incalzato perché cambi atteggiamento e collabori sulle riforme costituzionali. Le nostre istituzioni devono essere rinnovate con il contributo di tutte le forze politiche, da quelle che sostengono il governo a Sel, dal nuovo gruppo dei dissidenti del Movimento 5 Stelle ai parlamentari di Grillo, da Forza Italia alla Lega. Il patto esclusivo con Forza Italia non rende sicuro e spedito il percorso delle riforme, che vanno realizzate presto e bene. Al tempo stesso, a partire dal programma di governo, è necessario sviluppare un confronto  a sinistra, con Sel, con il gruppo degli ex Cinquestelle: è il cantiere del centrosinistra che deve riaprire i battenti. Il nostro consenso elettorale non deve renderci arroganti né far peccare di autosufficienza: abbiamo da riformare il paese, dalle istituzioni allo sviluppo, dalla P.A. al lavoro. E dobbiamo riorganizzare e rinnovare il centrosinistra.