La commissione Affari Costituzionali ha approvato il testo base della riforma del Senato e del Titolo V. È stato deciso di adottare il Ddl presentato dal governo, facendolo precedere dalla approvazione di un impegnativo o.d.g., che indica i mutamenti da introdurre nelle competenze e nel ruolo di controllo del nuovo Senato rispetto alla proposta governativa. Sulla modalità di elezione dei senatori, l’o.d.g. conferma la titolarità dei cittadini. Sarebbe stato preferibile un o.d.g. presentato unitariamente dai due relatori, anziché dal solo senatore Calderoli, tanto più che lo stesso presidente del Consiglio, nell’assemblea del gruppo del Pd, aveva esposto una serie di modifiche, che recepivano proposte contenute anche nel Ddl di cui sono primo firmatario. Il Senato deve svolgere funzioni di garanzia oltre che di rappresentanza dei territori; mantenere un ruolo paritario con la Camera su Costituzione, leggi elettorali e referendum, ordinamenti dell’U.E., diritti civili e politici fondamentali. Sono importanti le funzioni di controllo su politiche pubbliche e nomine, altrettanto la possibilità di ricorso alla Corte Costituzionale su leggi approvate dalla Camera, prima della loro entrata in vigore. Questi punti sembravano ormai acquisiti e avrebbero dovuto essere inseriti nel testo base. In ogni caso sono appunto previsti da un ordine del giorno fatto proprio dalla commissione, che impegna a modificare il testo.

Il superamento del bicameralismo perfetto, per cui la Camera dei Deputati avrà l’esclusività del rapporto fiduciario con i governi e l’ultima parola sulla gran parte delle leggi, è un punto ormai acquisito. Ora vogliamo realizzare, attraverso emendamenti ricavabili dal nostro Ddl, un impianto coerente di rinnovamento del Parlamento, drastica riduzione del numero di deputati e senatori, paritaria rappresentanza di genere, abbattimento dei costi della politica. Lavoreremo anche per cambiare profondamente l’Italicum. Il successo della riforma, di cui la democrazia italiana ha bisogno, richiede che il governo faccia rigorosamente la sua parte, senza avere la pretesa di porre il proprio sigillo sulla Costituzione. Riformare la Costituzione è sopratutto competenza del Parlamento: l’ultima parola spetterà poi con il referendum ai cittadini.