È iniziato l’esame dei disegni di legge costituzionale per la riforma del Senato. Tra essi quello del governo e anche quello che ho firmato insieme a colleghi di diversi gruppi. Anche noi vogliamo il superamento del bicameralismo paritario: solo la Camera avrà il rapporto fiduciario con il Governo e l’ultima parola sulla gran parte delle leggi. Il Ddl del Governo propone 630 deputati, 148 senatori; il nostro 315 deputati e 106 senatori. Come si vede, 357 parlamentari in meno. La differenza principale riguarda le modalità di elezione del Senato e le sue competenze: la proposta del governo è che i sindaci e i consiglieri regionali eleggano alcuni di loro anche senatori; che i Presidenti delle regioni e i sindaci delle città capoluogo di regione siano senatori di diritto. Noi proponiamo che i senatori siano eletti dai cittadini con una legge di tipo proporzionale e le preferenze, in concomitanza con le elezioni per i Consigli regionali. In democrazia se chiamati dal consenso dei cittadini a svolgere una funzione, è virtù non sovrapporre incarichi. La modalità di elezione è legata alle competenze del nuovo Senato. Secondo la proposta del governo parteciperà alle modifiche della Costituzione, alle nomine dei giudici costituzionali, del Csm, all’elezione del Presidente della Repubblica. Per il resto darà pareri. Avremo così un Senato senza funzioni di garanzia reale, tanto più necessarie dal momento che la Camera sarà eletta con una legge fortemente maggioritaria. Noi proponiamo che il Senato abbia compiti di garanzia e rappresentanza dei territori, mantenendo un ruolo paritario con la Camera su Costituzione, ordinamenti dell’U.E., leggi elettorali, ratifica dei Trattati internazionali, diritti civili e politici fondamentali. Un Senato non eletto dai cittadini avrebbe minore autorevolezza, scarso pluralismo politico, nessun equilibrio tra donne e uomini. A cosa servirebbe? Non è uno scandalo difendere il diritto dei cittadini a scegliere con il voto i propri rappresentanti nelle istituzioni. Sulla riforma della Costituzione è necessario un confronto senza pregiudiziali o diktat: sarebbe meschino immiserirla a contesa interna al Pd, alla dialettica tra maggioranze e minoranze. Non appartengo a correnti e il congresso è finito da un pezzo. In gioco è la Costituzione degli italiani. Bisogna dunque costruire sulle scelte il consenso più ampio. E dopo le modifiche che il Parlamento deciderà, va data, con il referendum, la parola ai cittadini: spetta loro la decisione finale.