Di: GIOVANNI GRASSO

Ho fatto i conti sui 42 senatori di diritto (presidenti di Regione e sindaci dei capoluoghi) indicati nella proposta del governo: 23 andrebbero al Pd, 4 a Sel, 5 a Fi, 2 a Idv, 3 alla Lega, 5 alle formazioni locali e nessuno al M5S. Mi si dica se questa fotografia è rappresentativa della società italiana». Vannino Chiti, già presidente della Regione Toscana e senatore del Pd, non ha alcuna intenzione di ritirare il suo disegno di legge sul Senato alternativo alla proposta Renzi. «Non lo ritiro – spiega Chiti – intanto perché ormai non è solo mio, visto che lo hanno firmato 34 colleghi di altri gruppi, tra cui gli ex M5S. Ma soprattutto perché credo che le riforme vadano fatte sicuramente in fretta, ma anche bene. Questa che stiamo per approvare è la più grande riforma della Costituzione dal 1948 a oggi e non possiamo permetterci errori».

L’accusano di voler mettere i bastoni tra le ruote alle riforme…

Vorrei dire: attenzione a mettere sulla carta riforme che poi non trovano il consenso in Parlamento. Quanto al resto, c’è appena stata l’assemblea del gruppo del Pd e la discussione è stata serena, rispettosa e costruttiva. Sono emerse molte critiche sia alla legge elettorale, che alla riforma del titolo V (che comporta una ricentralizzazione) e alla riforma del Senato. La maggioranza del gruppo ha scelto la strada di presentare emendamenti al testo del governo. Vorrei sommessamente far notare che un grande disegno di riforma della Costituzione non si può fare a colpi di emendamenti.

Focalizziamoci sul Senato…

Quello che ci propone il governo è una specie di Cnel, una fabbrica di pareri. Siamo passati dal bicameralismo perfetto, unico caso nelle democrazie avanzate, a un progetto che lo riduce a un orpello. Guardiamo al Senato francese, a quello spagnolo, al Bundesrat, persino alla Camera dei Lord: hanno tutti più poteri e competenze di quello della proposta del governo. Un motivo ci sarà…

E lei che idea ha, allora?

Osserviamo il combinato di una legge ultra maggioritaria alla Camera, in cui un partito del 20 per cento, con qualche lista civetta, potrebbe arrivare a guadagnare la maggioranza assoluta. E di un Senato che non dà la fiducia e che non esercita funzioni di controllo. E chiediamoci che cosa potrebbe succedere, per esempio, sui temi etici, sui quali una minoranza imporrebbe la sua visione su tutti. O, anche, se è giusto scegliere una legge elettorale che taglia fuori forze politiche che rappresentano milioni di voti. La tradizione italiana, sempre rispettata, è stata quella di istituzionalizzare i partiti, non tenerli fuori dal Parlamento.

La sua idea, allora?

Un Senato delle garanzie, elettivo, proporzionale e con le preferenze, visto che non deve dare la fiducia, ma rappresentare il pluralismo presente nella socieià.

Conosce già le obiezioni di Renzi: no ai senatori eletti, no alle indennità.

Se il problema sono i costi ho proposto il dimezzamento dei deputati e dei senatori.