ROMA. Il toscano Vannino Chiti assieme altri colleghi del Pd ha perfezionato una proposta di riforma del bicameralismo che va in una direzione diversa rispetto a quella di Renzi. L’ex ministro dei Rapporti con il Parlamento e delle Riforme del governo Prodi boccia il testo che ha preparato la sua erede e corregionale Maria Elena Boschi,
Senatore anche voi del Pd rendete difficili le cose al premier?
«Le riforme costituzionali non sono un argomento interno al Pd o alla maggioranza di governo. Abbiamo costruito un progetto di legge e di riforma. Vorremmo presentarlo con diverse firme e che fosse aperto ad altri gruppi parlamentari».
Cosa propone il vostro testo?
«Partiamo da un punto fermo: sul superamento del bicameralismo perfetto non c’è discussione. E una riforma condivisa da tutti, e vuol dire che ci sarà una sola Camera che darà la fiducia al governo e avrà l’ultima parola sull’insieme delle leggi. Ma su alcune materie il Senato dovrà avere ancora un ruolo: riforme costituzionali, legge elettorale, ratifiche dei trattati internazionali, ordinamento europeo, diritti fondamentali. Su questi temi il bicameralismo deve rimanere paritario».
E molto simile alle proposte di Lega e Ned.
«Esatto, solo che la Lega ha già presentato un disegno di legge, il Ncd per ora ha soltanto espresso una posizione. È un fronte trasversale, ed è giusto che sia così per le riforme che vanno a intaccare la Costituzione, come in tutte le democrazie avanzate».
Sarà un Senato elettivo?
«Sì, su base proporzionale. Tengo a fare prima una premessa. La strada maestra per superare il bicameralismo c’è ed è rendere il Senato il Bundesrat italiano. Nel consiglio federale tedesco però non ci sono i presidenti delle Regioni con i sindaci, come prevede Renzi. Ci sono rappresentanti del governo regionale che esprimono un voto unitario. Cioè se la Lombardia ha 9 voti, sono 9 sì o 9 no; Si pronuncia la Regione, non i partiti. E un’impostazione che sostengo da quando ero presidente della Regione Toscana, sono pronto a firmare anche domani. A una condizione».
Quale?
«Che si cambi anche la legge elettorale. In Germania il meccanismo funziona perché c’è un sistema proporzionale, con lo sbarramento al 5%. In questo modo se il Bundesrat si esprime negativamente, la Camera, che ha l’ultima parola sulla legge, ha bisogno della maggioranza assoluta. Invece con l’Italicum è già così. Il Senato delle Regioni sul modello del Bundesrat non può coesistere con una legge elettorale iper-maggioritaria. Se invece vogliamo che una sola Camera che abbia un rapporto fiduciario con il governo, il Senato deve essere elettivo e avere una composizione proporzionale. È una questione di garanzia, e di democrazia».
Dov’è il risparmio, però? Renzi toccando il Senato vuole anche ri-durre i costi stratosferici della politica.
«Nel dimezzamento dei numeri dei parlamentari. Noi prevediamo 150 senatori e 400 deputati. E non dipingetelo come un dibattito corporativo per tutelare la sopravvivenza dei senatori, perché se il Senato non fosse più elettivo chi vorrà continuare la propria esperienza politica potrà be-nissimo candidarsi alla Camera».
Molte opinioni del presidente del Senato Grasso sono simili alle sue, avete trovato un portavoce contro Renzi?
«Penso che, per il ruolo che ricopre, Grasso abbia fatto bene a dare la sua valutazione mentre sta per entrare nel vivo il dibattito sulla riforma del Senato. Affermare che se si va verso un monocameralismo di fatto diamo un colpo alla democrazia, non è una posizione di parte. La Co-stituzione non è del governo in carica né dei partiti, ma è del popolo ita-liano. E quando la si tocca bisogna farlo con grande responsabilità».
Renzi ha parlato di «palude» e ha detto che così non cambierà nulla. Cosa risponde?
«Quando si affrontano le riforme costituzionali un governo avrebbe l’obbligo di dare un indirizzo, ma poi dovrebbe muoversi con prudenza. Su questo argomento non può dare diktat, perché la Costituzione vale più di ogni governo».
Ilario Lombardo