La crisi ucraina è questione seria e grave: è in gioco non solo il futuro di quel paese, ma i rapporti di collaborazione e vicinato tra Unione Europea, Occidente e Russia. Nel nostro continente potrebbero tornare a soffiare venti di guerra fredda. Bisogna ad ogni costo evitarlo, unendo ad una fermezza sui principi la scelta della politica, del confronto diplomatico, la ricerca paziente del dialogo. Non si possono continuare a spostare le frontiere delle nazioni europee, violando il diritto internazionale, ma questo vale sempre e per tutti. Isolare la Russia, determinare una rottura delle relazioni politiche, non risolverebbe la crisi ucraina, ma moltiplicherebbe i focolai di tensione.
Queste vicende, dunque, ci riguardano direttamente e da vicino. La crisi ha già prodotto centinaia di vittime. L’Europa è unita nella giusta linea di fermezza, sanzioni, ricerca di una soluzione politica con la Russia. Va riconosciuto che il governo della Germania e il nostro sono stati in prima fila del far passare questa impostazione. Il referendum con cui, domenica scorsa, la Crimea ha deciso di aderire alla Russia è considerato illegittimo. Una via d’uscita può essere forse individuata nella smilitarizzazione della Crimea, in una adesione dell’Ucraina all’Unione Europea che si accompagni ad uno status internazionale di neutralità. Serve in ogni caso una via d’uscita politica. Le crisi e gli scenari di guerra nel mondo sono tanti e in diversi di essi la Russia può svolgere – ed ha svolto – un ruolo positivo di mediazione: si pensi all’Afghanistan, allo scacchiere mediorientale, dal conflitto israelo-palestinese alla Siria, o all’Iran.
A partire dal Consiglio Europeo di questa settimana, mi auguro che l’Unione assuma decisioni efficaci, confermando l’impostazione che si è data.
La crisi ucraina, se ce ne fosse bisogno, fa toccare con mano il bisogno di dar vita ad un’Unione Europea più forte e diversa da quella di oggi, vicina ai cittadini, espressione democratica dei suoi popoli. Un’Unione Europea capace di tenere nelle sue mani politica estera e di sicurezza, gestendole non con il metodo intergovernativo, ma con la responsabilità di un governo federale. Di questa Europa abbiamo bisogno e l’Italia deve tornare ad essere protagonista per contribuire a realizzarla.