L’esame della legge elettorale è entrato nel vivo. È giusto che l’Italicum serva solo per l’elezione della Camera. Impone a noi tutti di operare con serietà per riformare il Parlamento e superare il bicameralismo perfetto. Il Senato non dovrà più avere il rapporto fiduciario con il governo: è corretto prevedere solo per la Camera una legge con premio di maggioranza, così da assicurare la governabilità. Diversi studiosi obiettano che si rischia – se fallisse il percorso di riforma costituzionale – il paradosso di andare a votare con leggi elettorali diverse per due camere che oggi hanno i medesimi compiti. È bene, come si è impegnato a fare il governo, portare a scadenza naturale la legislatura: in ogni caso non si deve votare, in ogni caso, prima del 2016, così da completare il percorso delle riforme. Ne ha bisogno l’Italia; è la sfida su cui il Pd gioca se stesso.
È quasi banale sottolineare che sarebbe stato meglio procedere prima alla riforma del Parlamento – e anche del governo – e poi approvare una legge elettorale coerente. Ma bisogna stare alla concretezza dei fatti: la Consulta ha bocciato aspetti cardine del porcellum. Non si può più rinviare.
La nuova legge elettorale rappresenta un passo avanti rispetto al porcellum: sono però necessarie alcune modifiche perché si possa parlare di una buona legge che tenga insieme governabilità e partecipazione dei cittadini. La presenza di diverse soglie di sbarramento, a seconda se si è o meno in coalizione, crea confusione. Somiglia ad un passato negativo: è un incentivo a stare in coalizione prima delle elezioni e poi dissociarsi nell’azione del governo. È giusto fissare un’unica soglia di sbarramento al 4%.
Altrettanto è opportuno stabilire al 40% la soglia dei consensi per avere, senza un secondo turno di ballottaggio tra le prime due liste o coalizioni, il 15% del premio di maggioranza. Il correttivo maggioritario non può forzare oltre un certo limite l’espressione del voto.
Bisogna impedire di candidarsi in una pluralità di circoscrizioni: è la via per raggirare la volontà dei cittadini, sia che si scelga il collegio uninominale oppure le preferenze.
Infine, le liste devono avere 3-4 nomi al massimo, e assicurare la parità di genere. Mi auguro che se non alla Camera, al Senato si possano apportare queste modifiche.