Il ‘Jobs act’ proposto dal segretario del Pd Renzi ha riportato l’attenzione sul tema più importante: il lavoro. È bene che l’occupazione diventi il perno delle politiche del governo, che sia l’altra faccia dell’impegno sulla legge elettorale e sulle riforme istituzionali.
Il documento, per adesso illustrato da Renzi solo per titoli, presenta punti positivi: la riduzione delle troppe forme contrattuali che in questi anni hanno reso precario il lavoro, colpendo dignità e serenità di milioni di persone; un piano per lo sviluppo di settori chiave per l’Italia come la cultura, il turismo, l’agricoltura e il cibo, il design, la manifattura; la volontà di spostare il carico fiscale sulle rendite finanziarie, dando al fisco una priorità: il lavoro; la previsione di un assegno universale per chi perde l’occupazione, anche per chi oggi non potrebbe goderne, con l’obbligo di seguire un corso di formazione professionale per ricollocarsi; una legge sulla rappresentatività sindacale, che preveda i rappresentanti dei lavoratori nei Cda delle aziende. Su questo punto si guardi però anche agli impegni politici già portati avanti. Partito e gruppi parlamentari non sono rimasti a guardare: la Commissione Lavoro della Camera, ad esempio, ha svolto un confronto serio con le parti sociali per un’intesa sulla rappresentatività.
In materia di regolamentazione del mercato del lavoro, deve esser chiaro un punto: la sinistra si batte per estendere i diritti a tutti, non per togliere a qualcuno e far arretrare tutti. Si eviti una nuova battaglia ideologica sull’articolo 18. Il compromesso faticosamente raggiunto durante il governo Monti non si tocca: il contratto di inserimento a tutele crescenti per i neo-assunti deve confluire in un triennio nel regime garantito dall’articolo 18 e da tutte le altre forme di tutela di cui godono i lavoratori dipendenti. E si deve evitare che l’imprenditore possa interrompere il rapporto prima della stabilizzazione per passare ad un altro contratto di inserimento, al solo scopo di realizzare risparmi in maniera fraudolenta.
Se non si vuole, tanto più a sinistra, un partito personale, fondato solo sulla leadership, allo stesso modo non ha senso che il principale partito della maggioranza rinunci a pungolare il governo sull’agenda da realizzare. Il lavoro è la priorità del Pd e su questo dobbiamo batterci, in modo costruttivo, perché si realizzi una vera svolta.