L’Italia non è in grado di sopportare le grandi piogge. È un dato di fatto che purtroppo ogni anno siamo costretti a constatare. Questa volta la tragedia ha colpito la zona nord della Sardegna e i suoi abitanti, a cui rivolgo un sincero cordoglio per le persone che hanno perso la vita e la mia vicinanza per le ore difficili che stanno vivendo.
Le cause di queste emergenze, ormai sistematiche, sono due: è in corso da alcuni anni un cambiamento climatico evidente, sul nostro paese cadono in un breve arco di tempo piogge molto più forti per quantità d’acqua e violenza delle precipitazioni; in secondo luogo, ma non per importanza, molte responsabilità sono dell’uomo. Abbiamo maltrattato il territorio, disboscato montagne e colline, costruito in modo selvaggio, alterato le dinamiche naturali dei terreni, del deflusso delle acque.
È indispensabile il concorso di competenze scientifiche, in grado di ridefinire interventi che tengano conto delle modifiche climatiche avvenute negli ultimi 10-15 anni.
Sul piano della messa in sicurezza del territorio, già in passato avevo sottolineato la necessità di un piano pluriennale, 5 anni è un periodo sufficiente, che coinvolga lo Stato centrale, le Regioni e i Comuni. Ogni anno una voce dei loro bilanci deve essere destinata al territorio e alla regimazione delle acque. Non si tratta di risorse in più da reperire: si spenderebbe prima e meglio – probabilmente anche meno – quello che siamo costretti a spendere dopo le tragedie per affrontare l’emergenza e la ricostruzione. Inoltre, sarebbe un investimento che assicurerebbe nuova occupazione e sviluppo. Infine, l’Unione Europea deve escludere dal Patto di Stabilità gli interventi per la messa in sicurezza del territorio. Altrimenti, di fatto, si impedisce la prevenzione.
Bisogna cambiare strada: il nuovo sviluppo deve essere fondato sulla dignità di ogni persona e sul rispetto del Pianeta che ci ospita, su un positivo rapporto tra uomo e territorio, sulla conservazione e valorizzazione delle risorse naturali per noi e per le generazioni che verranno dopo.