Modificazioni all’articolo 132, secondo comma, della Costituzione, in tema di distacco ed aggregazione di comuni e province

Onorevoli Senatori! – La modifica costituzionale che si intende proporre riguarda la procedura di «distacco ed aggregazione» di comuni e province da una regione all’altra.
Come noto, l’articolo 132 della Costituzione – in combinato disposto con la relativa normativa di attuazione – prevede uno specifico procedimento basato, essenzialmente, su:
a) l’iniziativa dell’ente locale che intende distaccarsi da una regione per aggregarsi ad un’altra regione;
b) il referendum delle «popolazioni interessate» da tale processo;
c) l’attivazione del procedimento legislativo statale comprendente, a sua volta:
1) il parere dei consigli regionali dei due territori interessati, rispettivamente, dal distacco e dall’aggregazione;
2) l’eventuale approvazione di una legge (statale) che sancisca il predetto distacco e la conseguente aggregazione.
Fino ad ora, la disposizione costituzionale in esame ha avuto scarsa e controversa attuazione, e ciò soprattutto a causa del referendum di cui alla lettera b) dello schema sopra riportato, i cui limiti soggettivi sono stati intesi, dopo la Costituzione del 1948, in chiave eccessivamente elastica (tanto da estenderlo anche a porzioni dei due territori scarsamente incise dalla variazione territoriale), oppure sono stati il frutto, dopo la riforma del 2001, di interpretazioni sicuramente obbligate (nel senso di limitarlo alle sole popolazioni che richiedono il distacco e l’aggregazione), ma non del tutto condivisibili per gli effetti finali prodotti in termini di sovrapposizione tra fase di impulso e fase di consultazione.
La modifica che in questa sede si propone è dunque volta, essenzialmente, a individuare esattamente la sfera delle «popolazioni interessate» chiamate a esprimersi sulla proposta di distacco e di conseguente aggregazione: per quanto riguarda il distacco di province, si tratta della popolazione delle due regioni interessate; in merito al distacco di comuni, si tratta invece della popolazione delle due province (rispettivamente cedente e acquirente) delle due regioni coinvolte nel processo. In entrambe le ipotesi considerate, la proposta medesima deve essere ancora prima sostenuta – nelle forme che ogni ente locale riterrà opportuno di adottare – dalle popolazioni locali degli enti direttamente coinvolti nel processo di variazione territoriale.
Appare evidente, in ogni caso, come alla suddetta norma di rango costituzionale dovranno giocoforza seguire le opportune e necessarie modifiche del tessuto legislativo di livello primario attualmente vigente, e in particolare della legge 25 maggio 1970, n. 352.
Sul piano della ricostruzione normativa, giova rammentare come la novella operata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, con riferimento al secondo comma dell’articolo 132 della Costituzione, si ponesse l’obiettivo – anche in un’ottica di effettiva trasformazione della Repubblica in chiave moderna, aperta alle autonomie locali e al fondamentale principio di sussidiarietà – di evitare che situazioni di sostanziale identità sociale, economica e storica, che legano diverse comunità territoriali, possano continuare ad essere tenute distinte dalla presenza di artificiali confini regionali.
Ciò troverebbe conferma anche nell’originaria formulazione dell’articolo 132 della Carta costituzionale, concepito proprio in funzione della consapevolezza che la realtà storico-geografica di taluni enti locali doveva consentire il passaggio, su specifica richiesta, da una regione di appartenenza ad un’altra.
Tracce di questa impostazione, tendente da un lato a fotografare l’esistente (ossia, la tradizionale ripartizione geografica dell’Italia), e dall’altro a consentire comunque, sulla base di più approfondite analisi socio-economiche, la variazione territoriale delle regioni stesse, si trovano, nell’ambito dei lavori dell’Assemblea costituente, sia nella relazione dell’onorevole Ambrosini, del 13 novembre 1946, sia nell’ordine del giorno dell’onorevole Targetti.
Come già anticipato, è tuttavia noto che sia la normativa costituzionale, sia – soprattutto – le norme di legislazione ordinaria di attuazione dell’articolo 132, secondo comma, della Costituzione, non hanno avuto realizzazione concreta, probabilmente per la complessità della procedura prevista.
In particolare, le attuali previsioni di cui alla citata legge n. 352 del 1970 hanno da sempre costituito oggetto di rilevanti critiche in dottrina, in quanto comportanti, anche per la vaghezza dell’originaria formulazione costituzionale, un’eccessiva dilatazione dell’ambito delle popolazioni consultate rispetto a quelle più direttamente coinvolte nelle modifiche territoriali…

Disegno di legge S.787 – 16a Legislatura