«No al presidenzialismo. E anche al semipresidenzialismo alla francese che, di fatto, vede ancora più rafforzati i poteri dell’esecutivo rispetto al Parlamento. Il modello più giusto e realizzabile per il nostro Paese passa da rafforzamento del governo e rilancio del Parlamento – due aspetti da tenere insieme – e dal superamento del bicameralismo perfetto». Vannino Chiti, senatore del Pd ed ex vicepresidente di Palazzo Madama, rilancia la riforma costituzionale indicando una linea ben lontana da tentazioni presidenziali.

Senatore, in che direzione va cambiata la Carta? Ci sono associazioni pronte a scendere in piazza in autunno, contro una ipotesi presidenziale.                                                                                                                                                                                      

Chiariamoci: non si può pensare che il presidenzialismo in quanto tale sia una minaccia per la democrazia. Fosse così gli Stati Uniti non sarebbero democratici. Il mio “no” discende dalla natura della nostra Costituzione e da una ragione di concretezza».


Si spieghi meglio

«La soluzione più giusta è un governo parlamentare forte attorno a un primo ministro, come in tanti Paesi europei. Va differenziato il ruolo di Camera e Senato, superando il bicameralismo perfetto: palazzo Montecitorio avrà una funzione politica, nominerà il premier – che potrà essere sostituito solo in caso di nuove elezioni o mozione di sfiducia costruttiva, cioè con una maggioranza che ne indichi un sostituto – e controllerà il governo. Palazzo Madama terrà la competenza sui rapporti tra Stato centrale, autonomie locali e Unione Europea. Il bicameralismo resterebbe solo per i cambiamenti alla Costituzione, le leggi elettorali e la legislazione che riguarda diritti umani e la ratifica dei trattati internazionali. Inoltre si potrebbe ridurre il numero dei parlamentari e realizzare una nuova legge elettorale».

È un obiettivo che è possibile centrare in tempi ragionevoli?

«Credo che entro il 2015 si potrebbe chiudere il percorso, comprendendo anche il referendum confermativo dei cittadini. Anche per questo ritengo la mia ipotesi concreta: ci siamo dati un comitato di 42 tra deputati e senatori, non siamo una Convenzione. Bisogna avere obiettivi fattibili».

Un’altra direzione non la convince? Spesso si parla di semipresidenzialismo alla francese

«Il semipresidenzialismo alla francese è tutt’altro che un presidenzialismo attenuato. In Francia, per ragioni anche storiche, c’è una forza maggiore dell’esecutivo rispetto al Parlamento. Sarebbe una forzatura per noi».

L’altra urgenza è la legge elettorale. Qual è la proposta del Pd?

«Un sistema maggioritario a doppio turno di collegio. È un’idea apprezzata anche da molti costituzionalisti. Dal mio punto di vista, sarei disposto a discutere anche di un maggioritario a un turno solo. Ma con il collegio uninominale c’è un rapporto con i cittadini che continua dopo le elezioni, è meglio delle preferenze».

Non c’è il rischio di tornare alle elezioni col Porcellum?                                                                                                                                 

«Va superato, questo è sicuro. Ma chiedo al partito di fare una battaglia fino in fondo su un modello di cui siamo convinti. Per questo, in Senato abbiamo votato la procedura d’urgenza per la legge elettorale, come già fatto alla Camera. La situazione del governo è appesa a un filo solo se il Pdl insisterà nel voler chiedere misure di eccezionalità per Berlusconi, facendo così precipitare la crisi. Se stiamo alle misure per lo sviluppo, l’occupazione, l’economia e alle riforme che sono gli obiettivi principali del governo Letta, allora l’esecutivo durerà. Di certo, nessuno che sia convinto dell’esistenza di uno Stato democratico può accettare misure ad personam per chi è condannato in via definitiva».

Stasera (ieri per chi legge, ndr) avete la direzione. Alcuni esponenti invocano la data del congresso.                                       

«Per statuto non è la direzione che convoca il congresso, ma la presidenza dell’assemblea nazionale, già convocata. Il congresso ci sarà entro l’anno, l’ha ribadito in tutti i modi Epifani, e lui non si ricandiderà. Se anche noi nelle nostre fila diradassimo il sospetto e le invenzioni sarebbe un grande contributo».

Le parole di Renzi sul governo l’hanno convinta?                                                                                                                                             

  «Mi ha dato noia non tanto il merito, ma che sia tornato a parlare di “noi” e “voi”. Non ci siamo chiamati “i democratici”, ma Partito democratico, siamo una comunità politica con valori e regole. E se si parla di “noi” e voi” non si intende più una comunità. Mi auguro che questa espressione venga accantonata definitivamente».