“Il Pdl non deve neanche pensare di fare pressioni sul Quirinale, considerandole un aspetto del sostegno alla maggioranza di governo”.

Vannino Chiti, il segretario Epifani è stato chiaro: la grazia per Berlusconi è una pressione indebita sul presidente della Repubblica; e il Pdl non può certo pensare di fare un riforma della giustizia a uso e consumo del suo leader.
“Credo che quello che ha detto Epifani trovi unito tutto il Pd. Noi discutiamo parecchio, e a volte diamo un’immagine non adeguata. Ma sulla democrazia, il rispetto della Costituzione e il futuro del paese, il partito è compatto. Le decisioni dei giudici possono anche essere criticate. E certo la giustizia ha bisogno di misure e di riforme per farla funzionare meglio. Con tempi ben più rapidi per le sentenze, e la cancellazione di norme, sanzionate dall’Ue come abusi, come il carcere preventivo prima del giudizio. Però la magistratura è un potere indipendente, non può essere subordinata al potere esecutivo e a quello politico. Dopo tre gradi di giudizio, nel nostro stato democratico la sentenza di condanna per Berlusconi è un punto fermo. Quanto alla sua decadenza da senatore, la legge anticorruzione del governo Monti è chiara. E non può essere certo materia di trattative, e di accordi, il suo aggiramento. Ora vedremo se il Pdl vuole essere un partito della destra europea, o resta solo un partito personale”.

Se resta un partito personale, il governo Letta è andato. E molti vostri militanti ed elettori non si strapperanno le vesti. Non solo per la coabitazione con il Pdl. Lo ‘stato di necessità’ ha prodotto il decreto fare, il dl emergenze e ora il decreto Bray. Intanto però non si rifinanzia la cassa integrazione in deroga. Non si vede una strategia per le politiche industriali, solo per fare un esempio sulla siderurgia. Mentre l’ad di una importantissima holding di Stato, cioè Finmeccanica, vuole vendere autentici gioielli come Ansaldo Sts e Ansaldo Energia, oltre ad Ansaldo Breda che non va bene ma resta l’unica azienda ferroviaria italiana.
“Una parte dei nostri elettori soffre perché temeva quello che è accaduto, cioè il condizionamento provocato dalle vicende personali del leader Pdl sul governo. Che ha delle insufficienze. Ma in soli tre mesi non poteva fare miracoli. Ha trovato anche tre miliardi per l’occupazione giovanile, e portato le detrazioni al 65% per le ristrutturazioni edilizie e l’adeguamento alle normative antisismiche. Certo, da troppi anni mancano politiche industriali, e considero un errore clamoroso cedere i settori civili di Finmeccanica. Sono problemi che vanno affrontati subito. Se però il Pdl rompe il patto di governo, si può dire addio anche ai timidi accenni di ripresa. E la legge di stabilità sarebbe ‘plasmata’ dalla Ue, non dall’Italia”.

Insomma per Vannino Chiti è meglio se il governo resta in piedi. Se però cade, si va subito alle elezioni? Vorrebbe dire addio al congresso Pd, e lotta fratricida alle primarie fra Enrico Letta e Matteo Renzi. In questo caso chi sceglierebbe?
“Per non fare il congresso si dovrebbe votare a ottobre-novembre. Con il porcellum. Quindi, anche senza considerare Napolitano, avremmo ancora un parlamento senza una chiara maggioranza. Mi sembra chiaro che prima vada fatta una nuova legge elettorale. E poi, nel caso estremo di uno scioglimento delle camere, andare al voto a maggio, con le europee e le amministrative. Due elezioni in tre mesi sono impossibili, con i tempi che corrono. Anche in questo contesto il congresso Pd, da chiudere entro l’anno, ci sta”.

Dunque il congresso si farà. Alle primarie fra Enrico Letta e Matteo Renzi lei chi sceglierebbe?
“Penso che al congresso si debba discutere di cosa sia il Pd, e cosa voglia fare per il futuro dell’Italia. Se discutiamo solo di regole e di primarie, passiamo per marziani. Con Damiano, Folena e Mimmo Lucà abbiamo già presentato un documento. Per noi il Pd è un partito della sinistra plurale, in Europa con i progressisti, cioè i democratici e i socialisti. L’unico mio timore è che si torni a discutere se essere o non essere un partito. Se essere il Pd, oppure vagamente ‘i democratici’. In quest’ultimo caso, c’è il grande rischio di non restare uniti”.

Senatore Chiti, quando si parla di nomi lei divaga sempre.
“Non so chi sarà il segretario. So che il Pd ha bisogno di un segretario a tempo pieno, che ricostruisca il partito. Quindi il suo ruolo deve essere distinto da quello del candidato premier. Voterò per chi non si candida a Palazzo Chigi, ma voglia lavorare per il Pd”.

Possiamo almeno dire che le sue posizioni sono distanti da quelle di Renzi?
“Guardi, non rispondo perché nel Pd si deve prima parlare delle idee e solo dopo di nomi. Faccio notare che Letta e Renzi vengono dallo stesso mondo. Se la scelta si riducesse a questo, sarebbe piuttosto riduttiva in un partito che, per me, è di una sinistra plurale”.

Riccardo Chiari