Alcuni dati diffusi negli ultimi giorni confermano il quadro allarmante della situazione economica e sociale in Italia.
Secondo l’Inps, nel 2012 il 45,2% dei pensionati ha percepito un reddito mensile inferiore a 1.000 euro. Nello stesso anno 1 milione e 600.000 lavoratori erano in cassa integrazione. L’Istat ha reso noto che sono 9 milioni e  563 mila le persone in condizioni di povertà relativa, pari al 15,8% della popolazione. Di questi, 4 milioni e 814 mila sono poveri assoluti: non riescono ad acquistare beni e servizi essenziali per una vita dignitosa. Si tratta dell’8% dei cittadini italiani. Quest’ultimo dato nel 2011 si attestava al 5,7%. La povertà assoluta aumenta non solo tra gli operai, ma anche tra gli impiegati e i dirigenti. Infine, l’Ocse rende noto che un giovane su due sotto i 25 anni di età ha un lavoro precario e i redditi di questa fascia sono tra i più bassi.
È la fotografia di un paese che subisce i colpi di una crisi economica senza precedenti e rischia di uscirne così indebolito da non poter recuperare in pochi anni il terreno perduto. Anche per questo è nato il governo Letta, frutto di un accordo tra partiti avversari. In una situazione di emergenza, l’esito delle elezioni e l’indisponibilità del M5S a formare un governo con il Pd hanno reso le larghe intese una via senza alternative. I primi provvedimenti varati dal governo sono andati nella giusta direzione: misure di buon senso per  alleggerire la pressione fiscale,  favorire gli investimenti delle imprese, semplificare la vita delle aziende e dei cittadini,  agevolare le assunzioni a tempo indeterminato.

Molto altro resta da fare: il Pd è al lavoro perché si varino interventi che  sostengano il potere d’acquisto dei redditi più bassi e delle pensioni e per dare maggiore flessibilità al meccanismo dell’età pensionabile. Bisogna rilanciare l’occupazione, attraverso la riduzione della pressione fiscale su lavoro dipendente e imprese, dare avvio ad uno sviluppo sostenibile fondato sulla innovazione tecnologica. In questo quadro l’Italia deve fare un salto di qualità nell’utilizzo dei fondi europei: sono un importante volano, di fatto le risorse più consistenti di cui disponiamo ma rischiamo di restituirne una bella fetta nel 2015 per incapacità ad impiegarle. Sarebbe imperdonabile: occorre concentrarci su progetti realizzabili, seri, in grado di dare occupazione.