Il lavoro è al centro dell’agenda politica. È un risultato importante, frutto anche dell’impegno del governo e del Partito Democratico che lo ha incalzato su questo tema. Le azioni a favore dell’occupazione, con particolare attenzione ai giovani, muovono su due piani diversi: a livello nazionale il governo Letta ha varato un decreto che prevede incentivi fiscali a favore della aziende che assumono in maniera stabile giovani disoccupati o che convertono rapporti di lavoro precari in contratti a tempo indeterminato. Le risorse messe a disposizione non sono sufficienti, sappiamo bene che la situazione dei conti pubblici ci lascia pochi spazi di manovra, ma sono superiori a quanto ci si aspettava. Inoltre viene agevolato l’utilizzo dei contratti a tempo determinato che, a differenza di altri catalogabili come forme di precariato fraudolento, configurano a pieno titolo condizioni di lavoro subordinato con le relativi diritti e tutele. Nel decreto sono previste anche misure volte ad agevolare la ricollocazione lavorativa delle persone con più di 55 anni.
Un secondo piano d’azione riguarda l’Unione europea. Oggi e domani si tiene un importante Consiglio europeo che ha al centro il tema dell’occupazione giovanile, aggiunto al precedente ordine del giorno sull’unione bancaria grazie all’iniziativa del presidente Letta. L’Unione Europea deve cambiare le sue politiche. Quelle fondate sulla sola austerità hanno causato l’aumento della disoccupazione e della recessione. Occorre puntare su uno sviluppo sostenibile e duraturo, incentrato su innovazione tecnologica, saperi, benessere diffuso, solidarietà sociale. Bisogna indirizzare le risorse disponibili – a partire dai fondi strutturali europei – per favorire l’occupazione e dare attuazione a progetti seri, realizzabili, connotati da sostenibilità e innovazione. Inoltre, il Consiglio europeo, che riunisce i capi di Stato e di governo, deve finalmente aprire al superamento delle rigidità del Patto di Stabilità in modo da tenerne fuori gli investimenti produttivi, per l’innovazione, la ricerca, la formazione, la modernizzazione delle infrastrutture.

Il governo di larghe intese è nato per dare risposte alle emergenze economiche e per contribuire a cambiare le politiche europee incentrate sul ‘pensiero unico dell’austerità’. Durerà se saprà attuare il suo programma. La strada intrapresa è quella giusta.