Chiti (Pd): un bluff quello di Maroni e dei suoi presidenti di Regione

I duelli elettorali: le autonomie locali

VANNINO Chiti, vicepresidente del Senato è candidato a Palazzo Madama in Piemonte per il Pd.

Chiti, cosa replica alla Lega che chiede che il 75 per cento delle tasse pagate in un certa regione rimanga in quella regione?
«Quando Maroni ha lanciato quella proposta gli è stata posta una questione cui non ha mai risposto: e cioè se in quel 75 per cento avesse o meno conteggiato la quota del debito pubblico italiano che va in capo ai cittadini lombardi. Se lo avesse fatto saprebbe che alla fine in Lombardia rimarrebbero meno risorse di quante ne arrivano ora. Se no la sua è una bufala perché è evidente che il debito dello Stato non può essere ripartito solo su qualche regione».

Insomma è un bluff quello di Cota, Maroni e compagnia?
«Sì. E dimostra che Lega e Pdl fanno solo propaganda per cercare di nascondere il fallimento della loro esperienza di governo. Un fallimento che riguarda anche i temi del cosiddetto federalismo e delle autonomie regionali e locali. Basta parlare con un qualsiasi sindaco di qualsiasi schieramento politico e dirà che i Comuni oggi hanno minori risorse e minore autonomia. Un sindaco che ha i conti in ordine non può spendere l’avanzo di amministrazione a causa del patto di stabilità».

Una “questione del nord” però esiste?
«Sì, ma non si affronta contrapponendo il Nord al resto d’Italia, bensì o restituendo al Nord quella capacità di svilupparsi e di tradurre il suo sviluppo in un impulso alla crescita di tutto il Paese. La Lega ha una visione arcaica del federalismo ha in mente gli staterelli regionali del 1800. Il federalismo cui guarda il centrosinistra invece si inserisce nella costruzione di una democrazia sovrarazionale europea».

Come si può costruire un sistema di autonomie moderne?
«Se la Lega guarda al 1800 anche il governo Monti ha trattato le autonomie locali come se rappresentassero un ostacolo alla modernizzazione del paese. Certo devono essere riorganizzate, ma conta molto come: non si può affrontare una questione così con una legge di spesa. Si dà ai cittadini l’impressione che sia solo questione di privilegi e costi. Che vanno tagliati, ma che non riguardano certo i sindaci e i presidenti di provincia».

Cosa va fatto e come?
«Bisogna partire dal basso, dalle competenze che si vogliono dare ai comuni e per questo bisogna approvare la carta delle autonomie che giace in Parlamento. Certo l’Italia non può continuare ad avere 8 mila comuni come nel 1860, ma la riduzione deve essere attuata con criteri flessibili che tengono conto delle specificità dei territori. E in questo senso la giunta Cota sta prendendo provvedimenti assurdi: mentre in altre regioni si superano le comunità montane facendole diventare unioni di comuni qui si decompone quello che si era unito e si rende impossibile una gestione efficace dei servizi. Con costi che aumenteranno».

(m.trab.)