Una nuova strage negli Stati Uniti ha insanguinato una scuola. Un ragazzo ha ucciso 26 persone, tra cui 20 bambini, utilizzando le armi detenute dalla madre, anche lei vittima della follia omicida.
Si è di fronte a fatti che addolorano e provocano sconcerto: negli Stati Uniti la detenzione delle armi e il loro uso è un’abitudine, come acquistare generi di largo consumo. Così gesti assurdi di violenza si ripetono con periodica cadenza.
La discussione sulla diffusione delle armi torna a riaccendersi ma stenta ad arrivare a conclusioni ragionevoli, per lo strapotere degli interessi delle aziende costruttrici.
Il secondo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti stabilisce che «essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una milizia regolamentata, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto». Alla base di questa formulazione vi è un presupposto ormai datato, da epopea del west: nei sistemi democratici fondati sullo stato di diritto la sicurezza dei cittadini è competenza esclusiva delle autorità pubbliche. Non può essere affidata ad una sorta di “far west delle armi”.

Il presidente Obama ha affermato che userà tutti i poteri a sua disposizione per prevenire «tragedie come questa…Vogliamo forse dire che siamo impotenti? Che questa violenza inflitta sui nostri bambini è un prezzo delle nostre libertà?». No. Non lo è: è contro le libertà di ognuno. Sono necessarie e urgenti decisioni forti: dalla amministrazione democratica ci si aspetta una inversione di tendenza rispetto alla liberalizzazione delle armi. È positivo che il presidente Obama abbia annunciato il suo appoggio alla proposta di legge della senatrice democratica Dianne Feinstein per reintrodurre il bando delle armi di assalto.
Per il ruolo che gli Usa hanno nel mondo, per l’influenza anche culturale che esercitano, quelle decisioni sono importanti anche per noi. Anche in Europa, anche in Italia, vi sono predicatori di logiche di difesa privata, di diffusione delle armi, di una visione della sicurezza contrapposta alla solidarietà: non abbassiamo la guardia dell’impegno e della battaglia culturale.

Agli amici che frequentano questo blog e ai loro cari rivolgo i miei auguri per il Natale e il nuovo anno. Veniamo da un anno difficile e lo stesso 2013 non si colora di e gioiosi annunci. Potrà però – questo l’augurio – rappresentare una tappa decisiva della ricostruzione dell’Italia. Con l’impegno di tutti e la serietà possiamo farcela.