La legislatura che si sta concludendo doveva essere costituente, come per primo affermava Berlusconi, dopo aver vinto le elezioni del 2008. Insieme a tante altre promesse disperse nella nebbia del fallimento della destra, vi è stata anche quella dell’approvazione, con il concorso delle opposizioni, delle riforme istituzionali.
Si tratta dell’ennesima occasione mancata, come ha sottolineato il Presidente Napolitano. Un vero grido d’allarme il suo, in particolare per la mancata riforma della legge elettorale, che ha giudicato «imperdonabilmente grave».
Il fallimento colpisce il Parlamento e le forze politiche, che, nel sostenere il governo Monti, per far fronte all’emergenza finanziaria, proprio sulle riforme istituzionali e la legge elettorale, dovevano ricostruire una loro credibilità. È doveroso però evidenziare le diverse responsabilità.
Al Senato era stato approvato, in commissione, un testo che prevedeva la riduzione del 20% del numero dei parlamentari, una prima differenziazione dei compiti di Camera e Senato, il rafforzamento dei poteri del Presidente del Consiglio dei ministri, anche con l’introduzione della sfiducia costruttiva. Si era registrato un ampio accordo tra le forze politiche e dunque era pressoché scontata una conclusione positiva. Dopo le elezioni amministrative, il Pdl al Senato ha dato vita ad una doppia maggioranza: accanto a quella a sostegno del governo Monti, una con la Lega sui temi istituzionali ed elettorali. Si è così inventato il semipresidenzialismo, che si pretendeva di introdurre in fretta e furia, sulla testa dei cittadini. Una riforma così radicale non può non essere prima sottoposta al giudizio degli elettori.
Pdl e Lega hanno affossato le riforme: il progetto è rimasto lettera morta, dopo un surreale passaggio del testo nell’aula del Senato, in cui venne aggiunto anche quel mostro giuridico chiamato “Senato federale”: altra propaganda concessa alla Lega.

Anche sulla legge elettorale l’atteggiamento della destra ha portato al fallimento. Tutte le forze politiche avevano assunto l’impegno per superare il porcellum e restituire ai cittadini il potere di scegliere i rappresentanti in Parlamento e le maggioranze di governo. Per noi era un atto di coerenza, essendoci opposti nel 2005 al porcellum voluto dal centrodestra. Abbiamo presentato le nostre proposte e dato concreta dimostrazione di disponibilità a trovare un punto di mediazione.
Invece, nella commissione Affari Costituzionali del Senato, la legge elettorale che prendeva forma, con la nostra opposizione, era addirittura peggiore del porcellum e di quella in vigore in Grecia: un sistema proporzionale senza correzioni maggioritarie, le preferenze multiple in circoscrizioni molto ampie, un listino bloccato che avrebbe avuto la precedenza sulle stesse preferenze. Insomma, una legge che non avrebbe assicurato né un rapporto tra eletti ed elettori né la governabilità.

Mi auguro che il centrosinistra nel suo programma, avanzi una precisa proposta di rinnovamento delle istituzioni e per la legge elettorale un maggioritario a doppio turno, come in Francia. È la soluzione più giusta ed è coerente con un rafforzamento del governo parlamentare, attorno alla figura del Primo Ministro.
Riforma del Parlamento, delle autonomie regionali e locali, del governo parlamentare; legge elettorale; attuazione degli articoli 49 e 39 della Costituzione, sui partiti e sui sindacati: una piattaforma ambiziosa, necessaria, possibile, se il centrosinistra vincerà bene la prova elettorale.