La legge sulla diffamazione a mezzo stampa, per gli emendamenti presentati nella Commissione Giustizia, rischia di assumere contenuti e finalità diversi da quelli per cui decisi di sottoscrivere una proposta insieme al Senatore Gasparri.
Il contributo di ogni parlamentare è sempre legittimo ma non possono trovare il mio consenso impostazioni che finiscano per condizionare ancor più l’autonomia dei giornalisti e la stessa libertà di stampa. Se questo, come temo, sarà il risultato finale, toglierò la mia firma dal testo.

Alcuni emendamenti rischiano di rendere la legge di carattere puramente sanzionatorio. Si vorrebbero inserire ammende ingenti a carico dei giornalisti, addirittura chiamare in causa gli editori. Il disegno di legge nasceva invece con lo scopo di eliminare il carcere per punire la diffamazione a mezzo stampa e per garantire al tempo stesso i diritti della persona ingiustamente diffamata, attraverso l’obbligo di pubblicazione, in tempi certi, con lo stesso rilievo e collocazione di una ‘rettifica documentata’. Il rispettare in modo coerente questa norma, deve per me far venir meno le ragioni di un procedimento penale. Per quanto riguarda il web, è opportuno limitare le previsioni della legge ai giornali on line. L’insieme della tematica dei blog e della rete va affrontata con un provvedimento da affidare alla prossima legislatura: richiede più accurati approfondimenti e confronti. Le stesse pene accessorie – proposte in alcuni emendamenti – come l’interdizione temporanea o la radiazione dall’albo dei giornalisti, non solo non sono contenute nel nostro testo, ma ritengo sia sbagliato affidarle alla decisione di un giudice, anziché a quella dell’ordine dei giornalisti.

A mio avviso la cosa migliore da fare è ora quella di limitarsi ad eliminare la previsione del carcere per giornalisti e direttori; rafforzare l’obbligo di rettifica “documentata”, per tutelare la persona ingiustamente offesa, lasciando al prossimo Parlamento il compito di occuparsi di tutta la materia con maggiore serenità e tempo.
Questa iniziativa legislativa è stata a più riprese definita ‘legge salva Sallusti’ per via del caso giornalistico che riguarda il direttore del Giornale e che ha riportato il tema agli onori delle cronache. È bene sottolineare ancora una volta che la questione è ben più ampia, si trascina da decenni e ha riguardato decine di altri giornalisti. Molti sono stati i Disegni di legge presentati, purtroppo mai approvati. Solo per stare agli ultimi mesi – anche se la notizia ha avuto meno clamore del caso Sallusti – due giornalisti del quotidiano ‘Alto Adige’ sono stati condannati per diffamazione, in primo grado di giudizio, a quattro mesi di reclusione.

Condannare al carcere una persona per un’idea o un articolo scritto a me pare che quantomeno ferisca la libertà di stampa: certo può condizionarla, come ha più volte dichiarato l’Alta Corte di Strasburgo ed è senza dubbio in contrasto con l’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Per questo dobbiamo sapere che, anche discutendo di diffamazione, di come sanzionarla, di come tutelare la persona ingiustamente colpita, finiamo per parlare della libertà di noi tutti. Se per raggiungere un’importante conquista di civiltà, come è per me l’abolizione del carcere, si deve far passare, con una sorta di “cavallo di Troia”, norme che tolgono spazi alla libertà di informazione e stampa, allora ci si fermi.
In quel caso – come altre volte ho detto – non resterà altra possibilità che un provvedimento del governo. Peccato, perché il Parlamento perderebbe un’altra buona occasione.