“il caso Sallusti rappresenta la vicenda dalla quale si parte – e non e’ certo il primo caso – ma la questione fondamentale e’ quella di far diventare la diffamazione punibile con sanzioni pecuniarie e non con il carcere”.
Lo afferma il vice presidente del Senato Vannino Chiti, in  merito al Ddl presentato insieme al capogruppo Pdl Maurizio Gasparri, sottolineando come sia ”giusto inserirvi anche una norma che preveda, entro un periodo massimo di 8 giorni, l’obbligo di rettifica, con lo stesso rilievo, da parte dell’organo di informazione. Questo a tutela della persona che e’ stata diffamata”.
Secondo l’esponente Pd ”non e’ certo un motivo di gioia se Sallusti – le cui posizioni non condivido e che e’ anni luce lontano da me come impostazioni e come modi di fare – andra’ in carcere. Mi auguro che non succeda, perche’ andare in carcere per un articolo non fa certo bene alla nostra democrazia. Non sarebbe un fatto di cui andare fieri, e’ un residuo del codice Rocco, varato durante il fascismo. A mio giudizio e’ un grave errore non averlo ancora modificato”.
Chiti ricorda che ”l’Alta Corte di Strasburgo piu’ volte si e’ pronunciata contro una normativa che con la previsione del carcere condiziona e limita la liberta’ del giornalista, colpendo la liberta’ di tutti, dato che ne risulta ferita, se non peggio, la liberta’ di opinione ed espressione. Tale norma inoltre e’ senza dubbio in contrasto con l’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo”.
Insomma, conclude il vice presidente, ”non vedo compatibile con la liberta’ – di tutti, poveri o ricchi, conservatori o progressisti –  e con la democrazia, che un giornalista, di destra o di sinistra, finisca in carcere per un articolo scritto o, se e’ direttore della testata, non controllato. Penso che una democrazia non sia coerente con i suoi valori se i suoi ordinamenti possono produrre questi esiti”.