Approvare una nuove legge elettorale è un dovere del Parlamento e i tempi sono sempre più stretti. È il momento della verità.
Una settimana fa la Conferenza dei Capigruppo del Senato ha stabilito l’iter per la sua approvazione. Da ieri pomeriggio la discussione è all’ordine del giorno della I Commissione Affari Costituzionali. Sulla base delle dichiarazioni fatte da tutti i capigruppo sembra univoca la volontà di superare la pessima legge in vigore, il ‘porcellum’. La cronaca del dibattito degli ultimi mesi è però di tutt’altro tenore: molto tatticismo e nessun passo in avanti. Inoltre, per raggiungere un’intesa ampia è necessaria una mediazione vera: limitarsi a sbandierare ognuno le proprie posizioni ideali produce solo immobilismo. La seduta di ieri della I Commissione si è conclusa con qualche segnale di buona volontà e nulla di più. Troppo poco: serve uno scatto di serietà. Un fallimento sarebbe il più grande regalo all’antipolitica.
Il Partito Democratico, da oltre un anno, ha presentato la sua proposta di legge elettorale: il maggioritario uninominale a doppio turno. Purtroppo siamo l’unico partito a sostenerlo e per questo nel corso del confronto abbiamo avanzato una nuova proposta di mediazione che da ieri è anche un testo ufficiale al Senato: il 50% per cento dei seggi assegnati in collegi uninominali, il 35% in piccole liste circoscrizionali, uno sbarramento al 5% e un premio di governabilità del 15% da assegnare alla coalizione che abbia conseguito il maggior numero di voti.
Il Pdl dopo una melina di mesi annuncia una legge proporzionale, per 2/3 con le preferenze e un premio al primo partito attorno al 10%. Berlusconi dice di voler «difendere il bipolarismo» ma nei comportamenti concreti va in direzione opposta, forse perché spera in una legge che gli consenta di “pareggiare”, determinando una situazione di ingovernabilità che mai come oggi l’Italia non si può permettere. Il rischio di fare la fine della Grecia è scongiurato solo a patto che in futuro il nostro paese abbia una guida certa e un programma di governo serio. Un sistema proporzionale con le preferenze sarebbe un ritorno a prima del ’92, quando le maggioranze si formavano dopo le elezioni. Una restaurazione e non certo un rinnovamento.

In un’epoca in cui il distacco tra la società e le istituzioni non è mai stato così marcato la prima cosa da fare è quella di dare ai cittadini la facoltà di scegliere sia i propri rappresentanti in Parlamento che le maggioranze di governo. Immediatamente dopo la chiusura dei seggi deve essere chiaro chi abbia vinto le elezioni.
A proposito della sfiducia crescente verso la politica è il caso di fare ancora una riflessione sulle preferenze. Lo scandalo che ha colpito il gruppo Pdl alla Regione Lazio dimostra come la questione morale nella politica italiana sia quanto mai attuale. Chi sostiene il ritorno alle preferenze come mezzo per far contare di più i cittadini dovrebbe riflettere sulla vicenda Fiorito: non è certo questa la via per riconquistare credibilità e rafforzare rigore e trasparenza. I disastri che hanno accompagnato negli anni ’90 partiti ben più robusti degli attuali, sarebbero nulla rispetto a quello che potrebbe accadere oggi. Il sistema delle preferenze produce una spietata concorrenza interna ai partiti, una corsa individuale al voto che crea un terreno fertile per metodi di raccolta del consenso quando non illegali, per lo meno contrari all’etica pubblica.
I cittadini italiani e l’Europa ci chiedono di approvare una buona legge elettorale, non una qualsiasi. Dobbiamo farla entro poche settimane, ognuno si assumerà le proprie responsabilità.