In questi giorni abbiamo assistito al barbaro assassinio dell’Ambasciatore degli Stati Uniti in Libia e ai ripetuti assalti, nei paesi a prevalente religione islamica, alle ambasciate occidentali. L’ondata di violenze è stata scatenata dall’indignazione per un film americano dal contenuto offensivo nei confronti del profeta Maometto.
Siamo di fronte a problemi complessi, che riguardano il rapporto tra libertà di opinione, espressione e democrazia. I sentimenti religiosi delle persone e dei popoli devono essere rispettati, sempre e ovunque: la libertà religiosa è parte integrante della libertà.
Un film provocatorio e offensivo, nei suoi contenuti e nel messaggio che trasmette, non reca alcun contributo culturale: concorre solo a esasperare gli animi. La risposta giusta tuttavia è quella della critica ferma e severa, non certo quella dell’intolleranza, della violenza, dell’aggressione. Niente – sottolineo niente – giustifica una violenza sprezzante della vita umana, buona solo a distruggere. Sono state importanti – oltre al viaggio in Libano, proprio in quei giorni – le parole di Papa Benedetto XVI a Beirut contro ogni fondamentalismo, nemico della religione, e di invito a cristiani e musulmani a lavorare insieme per la pace.
Nel secolo scorso la democrazia ha saputo vincere le sfide dei totalitarismi sia di destra che di sinistra. Oggi, insieme ad una globalizzazione non governata, sono proprio i fondamentalismi, il terrorismo e il populismo a volerla mettere in crisi. Nei paesi a religione islamica, a partire da quelli della ”primavera araba” che hanno aperto speranze di cambiamento, un pieno approdo alla democrazia trova nell’estrema povertà di larga parte del popolo e nell’azione irresponsabile dei fondamentalismi ostacoli difficili da superare. È necessario un impegno della Comunità internazionale e nel Mediterraneo in primo luogo dell’Italia, con l’Unione Europea: dar vita ad una cooperazione giusta e finalizzarla anche all’attuazione dei fondamentali diritti umani. È al tempo stesso indispensabile un’azione delle confessioni religiose, una volontà e un impegno al dialogo. Occorre rafforzare i ponti che esistono e crearne dei nuovi. La fiducia reciproca tra gli Stati e i popoli; una comune prospettiva di impegno per un futuro migliore e più giusto; la capacità di dialogo tra religioni e culture, un’azione contro ogni tentativo di strumentalizzarle per giustificare forme di intolleranza e violenza: è questa la via maestra da seguire, con coraggio, pazienza, coerenza. Potremo riuscirci meglio se l’Unione Europea saprà essere presente nel mondo non come somma di Stati nazionali, ma come una grande democrazia sovranazionale.
Sì, sono gli Stati Uniti d’Europa la scelta di cui abbiamo urgente bisogno.
