Il governo ha ripreso la sua attività, dopo la breve pausa estiva, incontrando i rappresentanti del mondo delle imprese e i sindacati in vista della approvazione di nuovi provvedimenti per lo sviluppo.
È una novità positiva, perché stiamo attraversando una crisi profonda che incide sulla vita quotidiana di milioni di lavoratori e sull’attività delle imprese. Ne usciremo solo se faremo squadra. Bene ha fatto il presidente del Consiglio Monti a correggere la rotta perché non è vero che la concertazione è in sé sbagliata: va valutata nel merito.
Un esempio virtuoso di concertazione è l’accordo che nel 1993 il presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi – anche allora si trattava di un governo “tecnico” – raggiunse con le parti sociali. Si trattava di una intesa innovativa, che aiutò l’Italia in una fase molto delicata. I tempi sono cambiati, anche i contenuti su cui concentrasi oggi sono diversi, ma il criterio deve essere lo stesso: serve il contributo di tutti, il governo deve agire anche sulla base delle istanze segnalate da chi ogni giorno affronta le sfide dell’economia e del lavoro.
In Germania questo metodo funziona ed è tra gli ingredienti del buon andamento della prima economia europea. In quel paese la applicano, quando governano, sia i democristiani e i liberali  sia i socialdemocratici e i verdi.

Nelle prossime settimane vedremo se a questi primi incontri farà seguito una vera concertazione o se si tratterà – come in passato ha tenuto a precisare il Presidente Monti – di una singola occasione di ascolto e esposizione dell’agenda di governo. Se così fosse, sarebbe un errore. La crisi continua ad essere grave, giungono segnali negativi da tutti gli indicatori relativi all’occupazione, al prodotto interno lordo, alla produzione industriale, al potere d’acquisto dei cittadini. La sofferenza del mondo del lavoro e le sue legittime aspettative, se non accolte e risolte, possono produrre tensioni ed essere usate da irresponsabili estremisti. Serve un ampio consenso sui prossimi provvedimenti per lo sviluppo. Ad esempio: le imprese e i sindacati chiedono che si riduca al più presto la pressione fiscale sul lavoro e si ripristini il credito d’imposta sulla ricerca e l’innovazione. Le risorse possono essere recuperate da una imposta stabile sui grandi patrimoni, dalla tassazione delle transazioni finanziarie e dal contrasto all’evasione fiscale.