Sulla legge elettorale rischia di ripetersi un copione già visto: ci si avvicina ad un’intesa, poi tutto tramonta.
Da un lato calcoli di convenienza, nella spasmodica ricerca di una legge che assicuri comunque il successo, dall’altro  perfezionismi, tesi a teorizzare la legge più bella, senza riferimento ai reali rapporti politici, determinano l’ inevitabile fallimento. E così il porcellum resta in vigore!

Condivido quanto ha scritto Romano Prodi in un recente articolo su un quotidiano: la legge elettorale deve essere fatta pensando all’Italia. Cominciamo allora a dire che è interesse primario della nostra democrazia liberarci del porcellum: su questo obiettivo concordiamo davvero tutti e ne facciamo un compito decisivo?
Il Pd si ritroverebbe con piena convinzione su un maggioritario a doppio turno: ma siamo i soli a volerlo. Personalmente sono anche persuaso – di nuovo come Prodi – che il ritorno alla legge Mattarella sarebbe una via d’uscita accettabile per le prossime elezioni: non a caso avevo firmato la richiesta di referendum, poi bocciato dalla Corte Costituzionale.

Ma ancora una volta in Parlamento non ci sono i numeri. Nella scorsa legislatura e in questa si era trovato un accordo su una legge elettorale, che fa riferimento, con talune correzioni, al modello tedesco: 50% dei seggi in collegi uninominali; 50% in liste, con sbarramento al 5%. Per rendere meno proporzionale questo impianto, le circoscrizioni a sbarramento del 5% avrebbero dovuto essere di media dimensione (proposta di Stefano Ceccanti, presentata al Senato) e i voti non utilizzati per l’acquisizione dei seggi non dovrebbero essere recuperati a livello nazionale, ma “bruciati” su base regionale. Questa impostazione non ha bisogno del premio di maggioranza, attorno a cui, oggi, si continua vanamente a litigare: vanamente perché le coalizioni non esistono più, per come erano state pensate, e il premio di maggioranza – così come le preferenze – non c’è in questa forma nei Paesi europei.

Del resto per avere certezza che governi una coalizione, il premio di maggioranza dovrebbe essere indefinito: ma allora che differenza ci sarebbe con il porcellum?
Alla festa della Lega a Bergamo, in un dibattito con me e Quagliariello, Calderoli ha detto che il suo partito voterebbe una legge di “impronta tedesca”: Pd, Pdl, Terzo Polo e Lega avrebbero non solo i voti per approvarla, ma esprimerebbero un vasto schieramento, come è giusto che sia per le regole della democrazia. Alla legge elettorale sarebbe essenziale unire una convenzione costituzionale, come è in Spagna: il partito che arriva primo alle elezioni ha il diritto di formare il governo. Questo fa sì che si sappia chi sarà Primo Ministro in caso di vittoria e impedisce che si apra in Parlamento un’asta di offerte, in assetti e programmi, che mortificherebbe la volontà espressa dai cittadini. In Spagna il PPE, quando Aznar formò il suo primo governo, e il PSOE, in entrambi i governi di Zapatero, non disponevano della maggioranza assoluta: eppure dettero vita ad esecutivi stabili e coesi.

Superare il porcellum è un passo importante, ma non sufficiente: bisogna impegnarsi per una legge costituzionale, che riduca del 20% alle prossime elezioni il numero dei parlamentari e per attuare l’articolo 49 della Costituzione, indispensabile per attribuire ai partiti natura giuridica, così da renderli più trasparenti e democratici nella loro vita interna, soggetti a più efficaci controlli esterni.
Il tempo, se si vuole, c’è.
So bene che, tanto più negli ultimi mesi di una legislatura, sono forti le spinte a lasciare le cose quiete, senza turbare gli equilibri.
Il problema è che tra i cittadini soffia un vento di sfiducia verso i partiti. La legge elettorale, la riduzione del numero dei parlamentari, l’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione non basteranno d’un tratto a superarla, ma mostreranno che si è compreso il messaggio e si vuole cambiare strada. Soprattutto faranno vedere che il Pd non smarrisce uno dei compiti che si è dato con la sua nascita: essere protagonista del rinnovamento della politica e della democrazia.