In questi giorni si svolge a Rio de Janeiro la conferenza dell’Onu sullo sviluppo sostenibile. Si discute di economia verde, governance ambientale, obiettivi globali e misurabili per i prossimi anni.
Le notizie che giungono dai lavori preparatori sono negative: il testo da sottoporre ai capi di governo si limita ad un insieme di buone intenzioni. Il confronto si è concentrato sulla scelta delle singole parole del testo, tra veti incrociati.
Siamo sulla strada sbagliata. La sfida per uno sviluppo sostenibile non è un’opzione, ma una necessità. L’alternativa è la distruzione del Pianeta che ci ospita. Negli ultimi anni diversi vertici mondiali per la difesa dell’ambiente e la diminuzione dell’inquinamento si sono conclusi con risultati interlocutori, a volte deludenti. È vero che una sensibilità sul tema si è diffusa e radicata in modo impensabile ancora pochi decenni fa e che le politiche pubbliche si misurano sempre più con queste tematiche. Ma stiamo procedendo con lentezza. Nel corso dei prossimi 10 anni deve realizzarsi una svolta definitiva.
350.org, una organizzazione ambientalista che si batte per diminuire la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera, ha lanciato una campagna di sensibilizzazione incentrata sulla diffusione martellante di un appello: “Per cosa si spendono 1.000 miliardi dollari? Fermiamo i sussidi ai combustibili fossili”. Con questo importo si potrebbe finanziare a livello mondiale un programma per dar vita seriamente a un nuovo modello di sviluppo, sostenendo la ricerca e i paesi che hanno più difficoltà a convertire le loro tecnologie.
È necessario anche uno sforzo da parte delle istituzioni, del mondo delle associazioni, di chiunque creda in questa battaglia per convincere quanti più cittadini è possibile. Secondo un recente studio, molte persone scettiche rispetto alle politiche per la sostenibilità cambiano opinione quando capiscono che alcune azioni sull’ambiente possono promuovere una società più accogliente, lo sviluppo scientifico e quello tecnologico, l’occupazione. Ancora una volta siamo di fronte ad una sfida culturale, oltre che politica e economica: è nelle nostre mani la possibilità di costruire un mondo più a misura d’uomo, in cui si viva in armonia con la natura. Se ci riusciremo, avremo garantito un futuro degno alle prossime generazioni.
caro chiti, ho letto le conclusioni. mi pare che sia finita con il solito compromesso al ribasso. ma ha ragione lei, piano piano ogni anno qualche progresso lo facciamo. il tema non è più un tabù ormai da 20 anni