Sono preoccupato per la sottovalutazione con cui si sta affrontando il dibattito sulla riforma della Costituzione: sembra che non sia chiara la posta in gioco. La seconda parte della Carta definisce l’organizzazione dello Stato, il funzionamento della nostra democrazia. Non è pensabile che si discuta una sua riforma radicale senza la dovuta consapevolezza.
Dopo mesi di lavoro, anni di confronto, la riforma costituzionale, approvata a larghissima maggioranza in Commissione, era giunta al vaglio del Senato.

Riduzione di quasi il 20% del numero dei parlamentari; abbassamento dell’età per esercitare il diritto di voto ed essere eletti; avvio di una differenziazione tra Camera e Senato; rafforzamento del governo parlamentare, attraverso l’elezione in Parlamento del Primo Ministro, il suo potere di proporre nomina e revoca dei ministri al Presidente della Repubblica, l’introduzione della sfiducia costruttiva.
Si tratta di un progetto che complessivamente si muove nella giusta direzione.
Improvvisamente il Pdl, con cinque emendamenti che modificherebbero ben 12 articoli della Costituzione, ha proposto il semipresidenzialismo; sorprendentemente gli emendamenti sono stati ritenuti ammissibili, pur essendo stato stabilito – nei lavori della commissione – che non sarebbero stati oggetto di modifica i poteri del Presidente della Repubblica. Il dibattito al Senato è divenuto così una specie di esercitazione surreale.

Io sono per il rafforzamento del governo parlamentare e mi fa piacere che il Pd, in Direzione, abbia approvato all’unanimità la relazione di Bersani che conteneva senza ambiguità questa scelta.
Non ritengo certo il semipresidenzialismo una proposta antidemocratica: nella crisi del Pdl questa opzione viene però sostenuta, soprattutto dagli ex di An, in modo da farne elemento di rottura degli equilibri su cui si regge il governo Monti e per affossare nei fatti riforma costituzionale e legge elettorale.
Le procedure devono essere rispettate, non piegate a interessi di comodo.
Nessun serio sostenitore del semipresidenzialismo può ritenere che si possa introdurre, senza farlo decidere ai cittadini. Nessuna persona di buon senso può credere che in pochi mesi si possa approvare il semipresidenzialismo, varare i decreti attuativi e rivedere gli equilibri tra gli organi dello Stato. Ad esempio il Presidente della Repubblica, divenendo Capo del Governo, potrebbe presiedere il Csm e nominare 1/3 dei giudici della Corte Costituzionale? No di certo. Inoltre dovremmo approvare una legge vera sul conflitto di interessi.

Di fronte a noi, se abbiamo presente che la Costituzione appartiene ai cittadini e non ai partiti, c’è una scelta chiara: se il semipresidenzialismo non è una proposta elettorale, deve essere accantonato il tema della forma di governo. Altrimenti il Pdl ritiri gli emendamenti. Non si può procedere ora a rafforzare il governo parlamentare e poi, tra qualche mese, sostenere a spada tratta il semipresidenzialismo. Sarebbe un pasticcio irresponsabile.
In ogni caso, alcune priorità ce le dettano gli italiani. Si approvi la riduzione del numero dei parlamentari: si avrà un ampio consenso, superiore nella seconda lettura ai 2/3, e dunque potrà entrare in vigore con la prossima legislatura.
Ci si concentri sulla nuova legge elettorale; sull’approvazione delle norme che dimezzano il finanziamento pubblico e rendono più severi i controlli; sull’attuazione dell’art. 49 della Costituzione, che conferisce natura giuridica ai partiti; sui nuovi regolamenti parlamentari; sulla Carta delle Autonomie.
Istituiamo, con legge costituzionale, il referendum di indirizzo: i cittadini sceglieranno tra governo parlamentare forte e semipresidenzialismo.

Al tempo stesso modifichiamo l’art. 138, rendendo obbligatorio il referendum confermativo sulle innovazioni alla Costituzione. Sono decisioni non delegabili: spettano ai cittadini. Questa a me pare la via maestra se non si vuole lacerare la Costituzione e interrompere un confronto sulle riforme.
Non si tratta di diversivi, ma delle regole per la democrazia: non a caso De Gaulle promosse due referendum sul semipresidenzialismo.