Le primarie del centrosinistra per la scelta del candidato sindaco di Palermo hanno suscitato nuove polemiche. A mio avviso, è necessario – non da oggi – darsi delle regole, valide ovunque: lo spontaneismo confuso produce solo danni e a breve può logorare le stesse primarie, che invece sono un contributo innovativo portato dal Pd.
Innanzi tutto, in democrazia c’è una legge fondamentale, che può avere qualche volta, limitate eccezioni. Il candidato alla carica di presidente del Consiglio, presidente di Regione o di sindaco deve essere espresso dal partito che ha, nell’alleanza, il consenso più grande dei cittadini. Questa regola viene seguita in Paesi che pure hanno differenti leggi elettorali, forme di stato e di governo, dalla Francia alla Germania, dalla Spagna alla Gran Bretagna. Quando anziché primarie di partito, aperte alla partecipazione degli elettori del centrosinistra, si decida di indire primarie di coalizione, trovo non solo doveroso ma anche naturale che il Pd si presenti alla competizione con un unico candidato.
Inoltre, le primarie non possono assomigliare ad una sorta di populismo organizzato. Se nessun candidato raggiunge il 50% più uno dei consensi, si deve procedere ad un secondo turno tra i due che hanno ottenuto più voti. Non si può essere candidati forti e credibili se non si è sostenuti da una maggioranza reale di elettori.
Infine, se siamo tutti d’accordo nel dare vita ad un albo degli elettori per le primarie, per avere una platea di riferimento, non improvvisata o peggio ancora composta a seggi aperti, costruiamolo in tempi brevi.

Se assumeremo delle regole valide ovunque, le primarie non diverranno un improprio campo di battaglia per cercare di cambiare le strategie politiche né un’occasione per imbastire scontri interni, che hanno la sola motivazione di mettere in discussione assetti ed equilibri. I cittadini che guardano a noi, non sopportano un partito autoreferenziale, ingessato in una lotta più o meno aperta tra correnti. È doveroso riflettere sulla allarmante perdita di fiducia nel sistema dei partiti, su quel 45% dei cittadini che in questo momento non andrebbe a votare e su quel 20% circa di italiani che, sulla base di un recente sondaggio, voterebbe per un ipotetico “partito dei tecnici”. Un campanello d’allarme che dobbiamo saper ascoltare, altrimenti non capiamo cosa succede nella società. Cessiamo di essere un riferimento fondamentale per quanti vogliono un’Italia più giusta e moderna.