“Non da ora sono convinto che le attuali Province debbano essere superate e sostituite da un ente non elettivo, di secondo grado, espressione di un accordo, in ogni territorio, tra Regioni e Comuni, riguardo alle funzioni da attribuire e agli ambiti. Questa proposta fu già avanzata nel 1997, quando ero Presidente della Conferenza delle Regioni, unitamente all’Associazione Nazionale dei Comuni, alla Commissione Bicamerale presieduta dall’Onorevole Massimo D’Alema. Siamo dunque in ritardo e non di poco. Ciò però non giustifica che su materie istituzionali si intervenga attraverso un decreto legge. Nessun fine, neppure quello in sé ottimo, può giustificare che siano calpestate regole e principi di fondo. Non si interviene con decreto legge su organi costituzionali. Il superamento delle attuali Province, la costruzione delle città metropolitane, non fanno parte del capitolo dei costi della politica ma di quello della funzionalità ed efficienza della democrazia. La strada aperta dal decreto è irta oltretutto di possibili equivoci: entro il 30 aprile è molto dubbio, per essere ottimisti, che Stato e Regioni, con loro proprie leggi, siano in grado di determinare un razionale trasferimento delle funzioni attualmente in capo alle Province. Ad esempio che cosa avverrà di competenze delicate come quelle dei piani rifiuti in itinere o delle autorizzazioni da rilasciare alle aziende? La via maestra a me sembra essere quella di una cancellazione, attraverso una legge costituzionale ad opera del Parlamento, delle Province e la previsione fin da subito della non ricostituzione – con il voto diretto dei cittadini – dei consigli delle giunte e dei presidenti allo scadere dell’attuale mandato amministrativo. Non credo che attraverso un decreto legge si possano revocare presidenti di Provincia e consigli provinciali eletti direttamente dai cittadini. Del resto, per la stessa natura di questo governo, spetta al Parlamento, con la convergenza più ampia, il compito di realizzare riforme importanti: abbiamo l’opportunità di dimezzare il numero dei parlamentari, superare il bicameralismo perfetto, rafforzare i poteri del governo, che deve rimanere di tipo parlamentare, e approvare una nuova legge elettorale che consenta ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento oltre che le maggioranze di governo”.
Vannino Chiti