L’agenzia Moody’s ha deciso di tagliare il rating dell’Italia, portandolo ad A2 con una tendenza negativa. Lo scorso 20 settembre era stata un’altra agenzia, la Standard&Poor’s, a rivedere al ribasso il rating del nostro Paese, portandolo da A+ ad A.
Le due agenzie di rating hanno reso noto ciò che economisti ed operatori finanziari già sapevano: l’Italia, viste le prospettive di crescita ritenute molto scarse per i prossimi anni, è diventato un Paese a rischio, quindi da declassare.
L’economia italiana, secondo le due agenzie internazionali, continua ad essere caratterizzata da debolezze strutturali che ci rendono più suscettibili alle turbolenze finanziarie. Il rischio di fallimento, ci dicono, è remoto, ma la nostra vulnerabilità è certamente aumentata. Inoltre, come riferisce Moody’s nella nota pubblicata il 5 ottobre e come aveva già sottolineato Standard&Poor’s, il declassamento è dovuto anche a causa dei rischi derivanti dalle incertezze politiche del nostro Paese. Queste osservazioni certificano con chiarezza un fatto inconfutabile, che il Partito Democratico ribadisce da tempo: l’inadeguatezza del governo Berlusconi di fronte alle emergenze che abbiamo davanti.

La crisi c’è ed è internazionale. Non riguarda solo l’Italia ma investe l’Europa e il mondo. Ciò che il Partito Democratico contesta al governo è di averla prima nascosta, poi sottovalutata, ed infine affrontata con misure sbagliate, recessive e inique. Abbiamo per questo criticato l’esecutivo per il carattere improvvisato e ingiusto degli interventi messi in campo da tre anni a questa parte – dove a pagare sono sempre gli stessi -, sottolineando la totale assenza di misure per uno sviluppo sostenibile. Se noi fossimo stati al governo avremmo lavorato sì a misure basate sul risanamento e sul rigore, che sono indispensabili – basti ricordare che oggi l’Italia paga 80 miliardi di interessi sul debito ogni anno -, ma anche a politiche per la crescita. Il lavoro deve tornare ad essere centrale e con esso la scuola, la formazione, le politiche per la salute: le giovani generazioni devono avere il primo posto nell’agenda non solo dei governi ma del paese.