L’intervento del Cardinale Bagnasco al Consiglio Permanente della CEI, non provoca al Pd un silenzio, frutto di angosce. Al contrario: io ero preoccupato per il silenzio della Chiesa italiana sul degrado, anche morale, del Paese.
In alcuni commentatori ci sono luoghi comuni, senza fondamento.
In quei richiami – alcuni vicini a noi, altri avversari – ci sono due tratti comuni, a mio parere privi di un reale fondamento.
Il Pd non è un partito di carta, destinato ad esistere solo sulla base di una legge elettorale.
Il Pd si è radicato nel territorio e rappresenta un’esigenza di riorganizzazione delle forze progressiste sul piano europeo, non solo in Italia: c’è bisogno di ricostruire la cultura politica, attorno a idee forza come quelle di un nuovo umanesimo – centralità della persona e della sua dignità; sviluppo sostenibile; realizzazione paziente della pace e affermazione dei diritti umani – che unisca i progressisti, sapendo che i loro confini sono più ampi dei tradizionali orizzonti segnati dalle forze socialdemocratiche o da quelle cattolico-democratiche.
Quelle culture sono importanti ma insufficienti da sole a rappresentare una risposta al mondo del XXI secolo.
Dobbiamo valorizzare la portata e la prospettiva del gruppo al quale abbiamo dato vita al Parlamento europeo:  l’Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici.
Pensare invece che il tema dell’Europa e dell’Italia si risolva con un partito di singoli notabili, banchieri e imprenditori, come si legge su alcuni giornali, è cullarsi in un provincialismo, che non ha in mente le grandi sfide del mondo: altro che bene comune.
I partiti non nascono in laboratorio, per volontà improvvisate e la Chiesa è una realtà importante e complessa, non semplificabile con i criteri della politica quotidiana.
I Vescovi lo hanno detto: non spetta loro promuovere o organizzare partiti, ma sollecitare un impegno per il bene dell’Italia.
Le scelte politiche dei cattolici non sono e non saranno più uniformi, perché non esiste – né in Italia né in Europa – una minaccia alla libertà religiosa e alla Chiesa, che sola potrebbe giustificarle.
I cittadini cattolici si esprimono nel voto sulla base di valori e di concrete esigenze pratiche: l’etica, il lavoro, il fisco, il welfare.
Quelle scelte, come tutte quelle nell’ordine storico-temporale, sono affidate ai singoli.
Il pluralismo è un valore: chi non lo comprendesse, perderebbe contatto con la società.
Per tutti questi motivi il Pd non ha né deve avere timore per l’aggregarsi nella società di associazioni cattoliche, che si propongano di intervenire nella politica, di interloquire con i partiti: lo faranno, giustamente, con forze di destra e con quelle progressiste, perché i cattolici votano e si riconoscono nel centrosinistra e nel centrodestra. E continueranno a farlo.
Il Pd deve confrontarsi con quelle associazioni, per dare vita ad un’Italia migliore.
Siamo noi stessi contrari ad una politica ridotta a leaderismo; impegnati a ricostruire un’etica pubblica, il senso dei diritti e dei doveri. I vizi privati non sorreggono virtù pubbliche.
Abbiamo a cuore l’Italia e l’Europa: siamo consapevoli che i soli partiti, i soli governi non riusciranno a vincere la sfida del cambiamento, della costruzione di un nuovo sviluppo e di una società rinnovata.
L’esperienza religiosa riveste per noi importanza non solo nella vita individuale, ma in quella pubblica: già ci siamo misurati, in approfondimenti non di facciata, con i temi posti dalla Settimana Sociale dei Cattolici italiani o dall’Enciclica di benedetto XVI Caritas in Veritate.
Lo stesso Pontefice ha tenuto, nel giro di un anno, due importanti discorsi a Westminster Hall e al Bundestag, che affrontano i temi del rapporto con i Parlamenti e una forte sottolineatura del valore del costituzionalismo.
Mi auguro che i nostri gruppi parlamentari e il partito trovino occasione per svolgervi una riflessione collettiva.
Il Pd è un partito di “credenti e diversamente credenti”: gli indifferenti, i cinici, quelli che non hanno valori e sentimenti di solidarietà nei confronti degli altri, non possono essere progressisti.

Vannino Chiti