Tutti quelli che ritengono il ‘Porcellum’ una pessima legge elettorale, che contribuisce ad allontanare i cittadini dalle istituzioni, devono impegnarsi da subito per sostenere il referendum, che si propone di abrogarla, facendo intanto rivivere la legge Mattarella. Penso anch’io, come altri che lo hanno sottolineato in questi giorni, che spetti al Parlamento la elaborazione e approvazione di una nuova legge elettorale, e sotto questo aspetto la proposta depositata dal Pd – che prevede un sistema maggioritario a doppio turno con una quota proporzionale – è un ottimo impianto su cui confrontarsi con le altre forze politiche. Ma in questo momento il Parlamento, visti anche i rapporti di forza in esso, ha bisogno di una sollecitazione positiva, di una forte pressione democratica. Inutile far finta di non saperlo: senza una spinta dal Paese la quasi certezza è quella di votare alle prossime elezioni politiche ancora con questa pessima legge. In ogni caso, anche se il Parlamento non fosse in grado di procedere, la legge  Mattarella è incomparabilmente migliore e preferibile al Porcellum, perché almeno assicura un rapporto diretto tra candidati e cittadini, e poi tra eletti e cittadini. E’ addirittura ovvio ricordare che ciò rappresenta un aspetto decisivo per una democrazia che funzioni.
Raccogliere le firme e mettere in campo il referendum è dunque, oggi, una priorità. Il Pd, secondo me, può e deve svolgere un ruolo da protagonista in questo percorso. I tempi sono stretti: è indispensabile che il partito appoggi con convinzione la raccolta delle firme. Anche se non è emerso dal coordinamento del Pd quel pieno e chiaro sostegno, che io avrei desiderato e che ritengo giusto, si è registrato comunque un passo avanti reale: le Feste democratiche metteranno a disposizione degli spazi, cosicchè anche in esse i cittadini potranno sottoscrivere il quesito per il ritorno alla legge Mattarella.
C’è una voce forte che viene dal paese e che dobbiamo ascoltare: i cittadini italiani non ne possono più di votare per liste bloccate dei partiti, non conoscono neppure i parlamentari che hanno eletto. Dobbiamo fare in modo che il Parlamento avverta questa come un’urgenza, altrimenti si rischia non solo una separazione ancora più forte tra società, partiti e istituzioni, ma dilagheranno, con una forza difficilmente controllabile, il populismo e l’antipolitica.
Riuscire a raccogliere le 500.000 firme necessarie per la presentazione del referendum è indispensabile per dare ai cittadini il potere di scegliere sia i propri rappresentanti in Parlamento, che le maggioranze di governo. Se  questo obiettivo fallisse ci assumeremmo di fronte ai cittadini una grave e seria responsabilità. Il nostro compito non è di stare a guardare: dobbiamo essere in prima fila contro la vergogna del ‘Porcellum’.
Del resto una delle ragioni fondative del Pd è costituita dalla necessità di rinnovare la politica.
Voglio ribadire a Stefano Passigli, al professor Enzo Cheli e agli altri promotori di una diversa consultazione referendaria, l’invito ad unire il loro impegno al nostro. L’intento comune – l’ho già sottolineato – è quello non di scrivere la legge elettorale attraverso il referendum, ma di determinare le condizioni perché sia il Parlamento a farlo. Convinzione comune è quella di una legge maggioritaria, con collegi uninominali e a doppio turno, ma la condizione preliminare resta l’abrogazione del Porcellum.
Una fase, come quella che stiamo vivendo, in cui imperversa una forte crisi economica, sociale e morale, richiede più che mai di riavvicinare i cittadini alle istituzioni. E’ questo il compito che spetta ad una politica progressista, insieme a quello di riformare il parlamento, intanto attraverso il dimezzamento del numero di deputati e senatori. Sottrarsi a questo impegno, essere spettatori anziché protagonisti, sarebbe un errore che il Pd non può permettersi. Ancora una volta vi è la necessità di una grande esperienza di partecipazione, di un ampio movimento di cittadini per costruire un cambiamento profondo nella vita politica, istituzionale e sociale del nostro Paese.