Era lui, il dodicesimo uomo in campo, il vicepresidente del Senato Vannino Chiti (Pd) si è trovato di fronte ai dieci senatori – più il sottosegretario Giorgetti, relatore – presenti mercoledì scorso a Palazzo Madama per la presentazione della manovra.

Si è sentito un po’ Mourinho?
«Ah, questa poi… Comunque a me piace Guardiola, uno che lavora e vince senza urlare. Con classe».

Quella che invece è mancata mercoledì scorso. L’aula praticamente vuota alla presentazione della manovra, uno spettacolo che ha scatenato l’ira dell’anti politica.
«È vero che questo tipo di sedute, quella in cui si incardina in un decreto, sono importanti ma anche una necessità meramente tecnica, in cui non si vota niente. Un adempimento che non ha bisogno dell’aula piena, succede in estate come in inverno. Però…».

Però?
«Però c’è stato un errore di sottovalutazione, siamo in un periodo eccezionale. In un momento di crisi profonda, in cui si chiedono sacrifici, e sicuramente in una fase non normale del rapporto tra politica e cittadini: sarebbe stata opportuna una diversa valutazione, una maggiore presenza se non un’aula piena. Vale per la maggioranza come per l’opposizione».

A nessuno è venuto in mente, visto che già in passato si era scatenata l’ironia per episodi simili, che sarebbe stato meglio esserci?
«È stato proprio questo l’errore. Si è pensato al fatto tecnico, non alla situazione in cui viviamo. Invece si doveva cogliere che un messaggio visivo come quello che è apparso avrebbe creato sentimenti negativi. Non drammatizziamo, ma non commettiamo più questi errori. Chi è nelle istituzioni deve evitare di guardarsi i piedi, di guardare solo all’interno delle istituzioni e non al messaggio ai cittadini».

È quel ruolo di esempio, di «pedagogia della politica», che sembra ormai di un passato lontano.
«Esatto. E mi dispiace, perché in realtà il Parlamento non se lo merita. Eravamo a lavorare fino a dieci giorni fa, presenti tutti i segretari di partito, i presidenti dei gruppi parlamentari, tutti i membri delle commissioni per l’intervento del ministro Tremonti».

L’errore di martedì è arrivato forse nel periodo peggiore, in un clima di antipolitica diffusissimo.
«L’antipolitica è comunque e sempre sbagliata: si può e si deve criticare chi è nelle istituzioni, ma il disprezzo nei confronti delle istituzioni democratiche è pericoloso. Piero Calamandrei diceva che la libertà è come l’aria: tanto preziosa, ma ce ne accorgiamo solo quando manca. E il Parlamento è il polmone che fa sì che l’aria, cioè la democrazia, circoli e si estenda. Per questo chi è nelle istituzioni deve dare il massimo, ma tutta la società a cui preme la democrazia non deve lasciare spazi a populismo qualunquistico».

Magari se ci fosse un comportamento più sobrio da parte dei deputati, e meno indagati e condannati in Parlamento…
«Ci sono state sanzioni che hanno portato ad arresti in questa legislatura. E i partiti non devono candidare chi ha avuto condanne gravi. Ma perché in Europa, se il marito di un ministro inglese truffa qualche sterlina su un film pagato, il ministro si dimette e da noi manco per idea? Non perché i partiti in Inghilterra sono virtuosi e santi, ma perché lo diventano: sanno che sarebbero castigati dai cittadini alle prime elezioni. Su questo sono d’accordo con Ernesto Galli della Loggia: la contrapposizione tra società civile buona e politica cattiva impedisce all’Italia di guardare con rigore a se stessa. Deve crescere un senso condiviso di etica pubblica».

C’è bisogno di una nuova alleanza tra società civile e politica?
«C’è bisogno di ricostruire un rapporto saldo tra partiti e cittadini. E questo passa dalla sobrietà della politica, dalle riforme delle istituzioni, da come si usa il denaro pubblico nei partiti: bisogna pretendere che i bilanci dei partiti siano certificati da società esterne. E poi, occorre che tutti quanti ci impegniamo a costruire un sentimento di etica comune, a destra come a sinistra».

Però quel menù del ristorante al Senato con un primo di pesce a meno di tre euro, non è sbagliato? E non è inutile che ci sia un barbiere dentro Palazzo Madama?
«Il problema non è che c’è il barbiere, ma quanto costa. Deve costare quanto per gli altri cittadini. L’unica volta che ho usato quel barbiere è stato quando dovevo andare a Stoccolma a rappresentare il Senato, e non avevo i capelli giusti. Ho speso quanto spendo a Pistoia, in via Puccini, dal mio barbiere. Sul ristorante, a settembre chiederò, anche se io non ci mangio mai, che i prezzi vengano portati a livelli normali. Il presidente Schifani è d’accordo».

Il rapporto tra cittadini e politici passa anche dagli enti locali. Non si corre il rischio di creare una nuova cesura?
«È giusto intervenire in tempi rapidi sull’assetto istituzionale. Ma come si fa a partire cancellando il Comune di Capraia, che è un’isola? Il primo punto è ridurre il numero di parlamentari. Nella legge di riforma istituzionale che prevede il pareggio di bilancio in Costituzione, si può tagliare a 300 deputati e 200 senatori. Dimezzando il Parlamento, come serve per l’efficienza della democrazia. in sei mesi si può fare».

Sui Comuni?
«Parliamo di Comuni, Province e Regioni. Abbiamo oltre 8mila Comuni, in Germania sono 2.500. Nel decreto il governo, per affrontare il risanamento e lo sviluppo (affronta male il primo, non affronta il secondo) ha messo dei criteri senza senso. Decidiamo di portare i Comuni a 3mila, e poi scegliamo criteri seri. Così per le Province e le Regioni: perché 20 Regioni forse sono troppe. Quando ero governatore la Fondazione Agnelli propose di riaggregare 12-13 Regioni: parliamo anche di questo. Ma sono temi che non si affrontano con un decreto, ma con un disegno dì legge e una riflessione organica. In sei mesi si può fare, se maggioranza e opposizione lavorano assieme».

Ma sulla legge elettorale?
«La proposta del Pd, un sistema misto maggioritario a doppio turno con proporzionale, sbarramento al 5 e diritto di tribuna, c’è. Ma se non c’è un movimento popolare per cancellare la peggiore legge mai fatta, il Porcellum, non cambierà: firmerò il referendum per riportare il Mattarellum, mille volte meglio di quella attuale. E speriamo di usarla presto. Perché temo che questo governo, così diviso che alla fine metterà la fiducia anche sulla manovra, non sia in grado di affrontare la crisi. Questa destra, in Italia, in Europa e nel mondo, ha sbagliato diagnosi e cura della crisi. Il Pd è pronto con altre proposte. Un esempio? Solo vendendo il patrimonio pubblico, a partire dalle ex caserme, si possono ricavare 20 miliardi di euro. E poi la lotta all’evasione, che la tassa di solidarietà sia finalizzata alle famiglie e ai giovani disoccupati. E non si sopprimono le feste laiche: il 25 aprile, il Primo Maggio, il due Giugno. Vi immaginate un presidente francese che propone di abolire la festa per la Presa della Bastiglia?».

Marzio Fatucchi