Quella attuale poteva essere una legislatura costituente. Era questo l’impegno preso dal Presidente Berlusconi sia prima che subito dopo le elezioni vinte nel 2008. Noi, a differenza della destra nel 2006, eravamo disposti a costruire insieme la riforma delle istituzioni. Invece, fino ad oggi, Pdl e Lega non hanno voluto discuterne. La destra al governo ha ignorato le priorità dell’Italia: le riforme economico-sociali e quelle istituzionali. In questi giorni è venuta fuori, in modo improvviso e quasi a tempo scaduto, la proposta di riforma costituzionale del ministro Calderoli che nel merito appare anche abbastanza pasticciata. In essa infatti ci sono problemi di metodo, di tempo – in politica il tempo conta molto – e anche di contenuti. Io sono d’accordo, ad esempio, sulla proposta di ridurre a 500 il numero dei parlamentari. Ritengo però più giusto che ci siano 300 deputati e 200 senatori.
Il Pd in questi tre anni ha presentato delle proposte di legge per riformare la Camera e il Senato, per diminuire il numero dei parlamentari, ridurre i costi della politica e in questi giorni per una nuova legge elettorale. Dobbiamo guardarci bene dal lasciare spazio all’onda di anti-politica e di demagogia che non fa il bene del paese. Per questo occorrono provvedimenti seri e immediati per rispondere al malumore diffuso tra gli italiani. Questo Parlamento è il secondo nella storia della Repubblica che ha preso delle misure di riduzione delle indennità dei parlamentari. Noi come governo di centrosinistra avevamo bloccato i trattamenti economici fino al 2012. In questi anni sono state ulteriormente diminuite. Oggi, però, è obbligatorio dare altri esempi: quando chiediamo a un paese di tirare la cinghia, mentre ci sono persone che non arrivano alla fine del mese, è un dovere dei legislatori e del governo farlo per primi essi stessi. Alcuni strumenti non reggono più: il vitalizio dei parlamentari va quantomeno rivisto e portato al trattamento della previdenza o di una normale assicurazione personale. Così come l’indennità deve essere riorganizzata, resa assolutamente trasparente, ancorata alla media dei paesi dell’Unione Europea.

Il ministro Calderoli furbescamente inserisce queste scelte nella legge costituzionale: significherebbe parlarne tra un paio d’anni. Si possono invece fare subito con una legge ordinaria: se Pdl e Lega non avessero respinto i nostri emendamenti, queste misure sarebbero state già in vigore. Presentare oggi, dopo tre anni di disinteresse, una riforma costituzionale – e dunque con tempi di approvazione molto lunghi – significa purtroppo voler “fare ammuina”, dare in pasto alle cronache un diversivo per coprire i fallimenti di questo governo e di questa maggioranza. Del resto Pdl e Lega niente fanno per costruire un clima di confronto costruttivo, responsabile senza il quale le intese sulle riforme costituzionali non nascono.
Il Partito Democratico ha un pacchetto di riforme da proporre al paese ed è pronto ad affrontare in modo serio una discussione parlamentare, anche sulle modifiche da apportare alla nostra Carta fondamentale.

Dimezzare il numero dei parlamentari consentirebbe una migliore selezione della classe dirigente ed una più alta qualità del lavoro del Parlamento. Naturalmente tutto ciò ha un senso se allo stesso tempo si pone all’ordine del giorno la decisione di approvare una nuova legge elettorale. Quella attuale, il cosiddetto Porcellum, è una vergogna: i cittadini devono poter scegliere, insieme alle maggioranze di governo, i loro rappresentanti in Parlamento. Se anche riduciamo a 300 i deputati e a 200 i senatori, come io auspico, il modo di selezionarli deve essere diverso da quello attuale.
Superare il bicameralismo perfetto è indispensabile per rendere più efficiente il lavoro legislativo e il controllo del Parlamento sul Governo; quest’ultimo, a sua volta, deve essere messo nelle condizioni di operare in maniera più efficace, attribuendo funzioni reali di guida al Presidente del Consiglio.

Una seria riforma delle nostre istituzioni è necessaria, per dare una risposta ai bisogni dei cittadini e orientare lo sviluppo del nostro “sistema paese”. Anche alla infinita transizione italiana è dovuto infatti il permanere di intollerabili e troppo ricorrenti fenomeni di corruzione, che quasi ogni giorno vengono a galla.
Occorre saper scrivere la parola “fine” e voltare pagina.