RIMINI. In questo XXI secolo, qual è il rapporto tra politica e religioni? Un dialogo è possibile? Se ne parla questa sera alle 21 alla Festa Democratica (Parco Ausa, ingresso in via Euterpe) con il vicepresidente del Senato Vannino Chiti, che presenterà il suo ultimo saggio, “Religioni e politica nel mondo globale. Le ragioni di un dialogo” (Giunti Editore).
L’autore chiarisce fin dal titolo che il discorso non riguarda solo il cattolicesimo ma, in un’epoca di globalizzazione quale è l’attuale, il confronto coinvolge anche le altre religioni monoteistiche. Ecco allora che il tentativo di dialogo non è solo tra laici e credenti, ma anche tra credenti di diverse religioni.
Senatore, non crede che ci siano delle resistenze proprio da parte dei credenti?
«Ciascuna religione monoteista ha le proprie specificità che vanno riconosciute – risponde Chiti –. Occorre comprendere, però, che in ognuna di esse esiste un aspetto di verità. Da qui la necessità di una svolta rispetto al passato, e la necessità di un dialogo interreligioso. Lo stesso papa Benedetto XIV ha sottolineato come ogni religione debba bandire intolleranze e violenze».
Per quanto riguarda invece il dialogo tra politica e religioni?
«La politica (e per politica intendo l’impegno di ciascun individuo a migliorare il mondo in cui si trova) deve riconoscere che le religioni sono portatrici di domande sul senso dell’esistenza. Non è obbligatorio che le risposte siano accettate, ma occorre che la politica comprenda che queste domande sono fondamentali e non retaggio di superstizioni del passato».
Restando all’ambito italiano e al cattolicesimo, molti laici accettano l’accezione spirituale della religione, ma contestano l’ingerenza delle gerarchie cattoliche nella vita pubblica del paese.
«I vescovi hanno il diritto (e il dovere) di parlare dei principi di fede e anche di esprimere le proprie opinioni, ma credo sia sbagliato dare indicazioni concrete su alcune scelte in politica, perché si toglie spazio alla responsabilità individuale dei credenti e perché ciascun soggetto è portatore di valori su cui va trovato un punto di sintesi. A mio parere questi comportamenti finiscono per danneggiare la Chiesa stessa».
Allargando il discorso alle altre religioni e in particolare all’Islam, i diritti e la dignità della donna vengono gravemente compressi e calpestati dalle frange più integraliste. Per l’Occidente com’è possibile un dialogo?
«Sia la cultura non religiosa sia le religioni devono fare i conti con i principi dello stato democratico e con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dove è sancita l’uguaglianza tra i generi. Questi diritti non sono sacrificabili e bisogna che in tutte le religioni si faccia riferimento a questi principi e che vengano considerati fondamentali».
Il mercato globale sta diventando sempre più selvaggio mentre l’economia è caratterizzata dallo strapotere della finanza. Quale può essere il ruolo delle religioni?
«La religione può parlare di fraternità tra uomini e popoli e tra uomo e universo. Occorre superare i binomi amico/nemico e fedele/infedele per impegnarsi a costruire un’economia che abbia regole che facciano riferimento alla persona e al pianeta. Al di là delle misure contingenti, c’è la necessità di cambiare strada nelle modalità dello sviluppo. E questo si può fare se c’è un riferimento ai valori, alcuni dei quali sono presenti nelle religioni e altri provengono da culture non di matrice religiosa. Ma questi valori dobbiamo averli, altrimenti non costruiamo un mondo migliore. Credo sia difficile ma necessario e le religioni che mettono al centro la persona, la solidarietà e la fraternità, possono dare un contributo fondamentale».
Lei è ottimista?
«Non credo si debba essere superficiali: non è semplice né scontato. Ma non si deve essere rinunciatari e pensare che è già tutto stabilito. Occorre vedere le luci e le potenzialità e fare leva su queste perché divengano prevalenti. Dobbiamo mettercela tutta, perché ciascuno di noi può dare il suo contributo e lasciare il mondo un po’ meglio di come l’ha trovato».
Manuela Angelini