Ancora una volta ci troviamo a discutere di una nuova, dura manovra economica, necessaria a restituire un equilibrio al bilancio dello Stato.
Di fronte alla prospettiva di un provvedimento da oltre 40 miliardi, che richiederebbe serietà e rigore, la maggioranza è impegnata a tentare di dirimere una serie di faide interne. Assistiamo ad un susseguirsi di annunci, smentite, dure polemiche e precisazioni, tutte all’interno del governo. Secondo il sottosegretario Crosetto quella di Tremonti è «una manovra che andrebbe analizzata da uno psichiatra. Ogni volta si taglia un po’, lasciando in piedi le cose inutili e danneggiando quelle utili. Tremonti è un buon ministro ma non è Dio». A detta del ministro Maroni la Lega deciderà il da farsi in base alle risposte che avrà o non avrà da Berlusconi. Infine, il ministro Bossi ha osservato che «il governo rischia fin quando non passa la manovra».
L’Italia non può permettersi che un passaggio tanto importante sia affidato alla litigiosa mediazione di una maggioranza ormai solo numerica. Le misure, anche quelle positive come la modifica del patto di stabilità per i comuni virtuosi, vengono varate sulla base del ricatto più forte, che si impone nello scontro, e non sulla base di un disegno complessivo per il Paese. Su questo terreno si distingue, e spesso si impone, la Lega nord. Ne è un esempio l’emergenza rifiuti a Napoli: di fronte ad una emergenza, anche sanitaria, il governo è immobile. Vi ricordate che Berlusconi aveva promesso di risolvere definitivamente il problema già nella primavera del lontano 2008? Una delle tante parole al vento! 
Commentando il provvedimento finanziario allo studio del governo, la stessa Corte dei Conti, nell’ambito del giudizio sul rendiconto generale dello Stato, è stata esplicita: si tratta di una manovra ai limiti della sostenibilità. I tagli alla spesa pubblica sono una strada da seguire ma devono trovare un equilibrio con politiche di sostegno allo sviluppo. La Corte ha inoltre criticato due aspetti frutto degli errori del governo in questi tre anni: i tagli non selettivi e il crollo della spesa per investimenti, che «nel 2012 toccherebbe il valore più basso degli ultimi decenni».
Quello che è in gioco è il futuro dell’Italia. I tagli lineari hanno colpito duramente, e in modo indiscriminato, le leve strategiche su cui dovrebbe fondarsi il nostro progresso: l’istruzione, la ricerca, le infrastrutture. Lo scorso 31 maggio lo aveva denunciato anche il governatore uscente della Banca d’Italia Mario Draghi: «per ridurre la spesa in modo permanente e credibile non è consigliabile procedere a tagli uniformi in tutte le voci: essi impedirebbero di allocare le risorse dove sono più necessarie; sarebbero difficilmente sostenibili nel medio periodo; penalizzerebbero le amministrazioni più virtuose». Una manovra cosiffatta «inciderebbe sulla già debole ripresa dell’economia, fino a sottrarle circa due punti di Pil in tre anni».
La strada per un risanamento che non colpisca il nostro sviluppo deve partire, per esempio, da una seria lotta all’evasione fiscale. Con una buona azione in tal senso si possono raggiungere obiettivi ambiziosi e soprattutto si impedisce che a pagare siano sempre gli stessi: i lavoratori dipendenti, i pensionati, quanti fanno da sempre il loro dovere.
Il Partito Democratico, dall’inizio della legislatura, sostiene che la via scelta dalla destra è quella sbagliata: scoraggia lo sviluppo e non può realizzare il risanamento. A causa della dinamica recessiva innescata, diminuiscono le entrate e si rendono necessari sempre nuovi aggiustamenti dei conti. Aumentano le disuguaglianze e crescono le poverta’: sono necessarie riforme strutturali, una politica per lo sviluppo e l’occupazione fondata sull’innovazione. Serve una svolta profonda nel modo di agire per far uscire l’Italia dalla stagnazione e dalla precarietà dei conti pubblici.
Sono necessari impegno, competenza, attenzione agli italiani e non ai propri interessi personali. La destra e la Lega hanno ampiamente mostrato di non essere all’altezza delle sfide e di non avere la capacità di indicare obiettivi credibili, suscitando la partecipazione convinta degli italiani.