Dopo le elezioni amministrative, con il referendum di domenica e lunedì prossimi arriva un nuovo passaggio importante per il futuro dell’Italia. Andiamo a votare ed esprimiamo quattro “sì”: non vogliamo il piano nucleare predisposto dal governo Berlusconi come fondamento della produzione energetica; rifiutiamo le scelte sbagliate e ambigue in materia di acqua pubblica; cogliamo l’occasione per cancellare una delle tante leggi ad personam, quella sul legittimo impedimento, che rende i cittadini diversi di fronte alla legge.
L’attuale nucleare – lo abbiamo visto con la tragedia in Giappone – non è oggi in grado di garantire la sicurezza della persona e dunque  non può orientare uno sviluppo che non metta a rischio la nostra vita e le sorti del pianeta, così come lo conosciamo. Sono le energie rinnovabili – l’eolico, il fotovoltaico, la geotermia etc. – quelle sulle quali puntare: su di esse l’Italia dovrebbe essere leader del mondo. Il Pdl e la Lega hanno cercato di sottrarre agli italiani la decisione sul piano per il nucleare, da essi approvato. Si tratta di tecnologie esposte non solo a tremendi rischi per la vita delle popolazioni, ma che producono scorie radioattive per migliaia di anni. Queste considerazioni sono di per sé più che sufficienti: va aggiunto che non è vantaggioso neppure economicamente, che ci renderebbe tecnologicamente dipendenti da altri paesi, che l’uranio è esso stesso in via di esaurimento. Occorre considerare ancora che rispetto al Giappone, l’Italia è un paese a rischio sismico non molto inferiore, con una fragilità del suolo enormemente superiore, a causa dell’assenza di interventi di difesa e valorizzazione. La vittoria del “sì” al referendum annullerebbe questo piano del governo, lo metterebbe nel dimenticatoio.

Lo ripeto: la nostra strada deve essere quella della efficienza energetica e dello sviluppo delle energie rinnovabili. Guardiamo al modello della Germania, che proprio pochi giorni fa ha deciso di chiudere tutte le sue centrali nucleari entro il 2021 e di indirizzare i suoi sforzi verso le rinnovabili, puntando a raggiungere una copertura del 70-80% tra il 2020 e il 2030. L’Italia ha tutti i mezzi e le potenzialità per diventare un paese leader nella green economy. Ma dobbiamo puntarci con convinzione: nei settori del solare termodinamico e delle biomasse, per esempio, siamo ancora in ritardo e il potenziale disponibile è in buona parte da sfruttare.

Con la stessa convinzione dobbiamo andare a votare “sì” sui due quesiti relativi alla gestione dell’acqua pubblica. È necessario che sul tema si riprenda la discussione e si proceda in maniera diversa da come si è fatto finora: le norme fatte approvare dal governo Berlusconi espropriano i comuni della loro autonomia e responsabilità e li espongono al rischio di soccombere alla forza di monopoli privati, retti da poche grandi aziende, spesso del tutto estranee ai contesti territoriali in cui viene svolto il servizio. Il Partito Democratico è contrario all”obbligo di privatizzare la gestione dell’acqua: questa deve restare una scelta affidata alla decisione delle amministrazioni locali. In questo senso va la nostra proposta di legge, presentata in Parlamento: bisogna dar vita ad un quadro normativo chiaro e coerente, che preveda anche una Autorità terza autonoma, in grado di vigilare e fissare i prezzi dell’acqua.

Infine, con un sì alla abrogazione della legge sul legittimo impedimento possiamo dire chiaro e tondo al Presidente del Consiglio che le regole e la legge sono uguali per tutti, che non ci sono imputati di serie A e di serie B, che le responsabilità pubbliche non devono essere utilizzate per fare i propri interessi.
Votare al referendum, questa volta più che mai, è un atto di senso civico, di responsabilità verso il nostro paese. L’indifferenza, il non partecipare a scelte fondamentali per la nostra comunità è un grave errore: prima di tutto verso sé stessi, il nostro essere pienamente, con i diritti e i doveri che ci competono, cittadini di un paese democratico. Il referendum non è un altro capitolo del confronto tra destra e centrosinistra: non serve né si propone di cambiare i governi. Ci fa esprimere decisioni delle quali qualsiasi governo – oggi e nel 2013 – dovrà tenere conto: sul nucleare e le energie con le quali vogliamo far camminare il nostro benessere; sull’acqua e la sua natura pubblica; sulla uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Per questo, lo ripeto, domenica e lunedì andiamo a votare quattro “sì” al referendum.