Bandiere alle finestre. Feste popolari. Inno cantato a squarciagola. La sinistra riscopre l’Italia e il tricolore? Non erano valori che in passato appartenevano alla destra? Lo abbiamo chiesto al vicepresidente del Senato Vannino Chiti. «Intanto le tante sventolate dalle finestre e le numerose feste che si sono svolte in tutta la penisola non sono patrimonio solo della sinistra. Vorrebbe dire che avremmo l’80% dei voti… Non è così» precisa Chiti.

Quale è invece il senso?
«La verità è che l’orgoglio di sentirsi italiani abbraccia gran parte del Paese. E ciò è positivo in un momento per altri versi difficile e complicato per l’Italia».

Riguardo alla scoperta del tricolore da parte della sinistra, talora forse anche con enfasi, cosa ne dice?
«La sinistra ha combattuto durante la Resistenza per la bandiera e per l’Italia libera dal nazi-fascismo. Ricordo che lo statuto del Pci prescriveva che accanto alla bandiera del partito sventolasse anche quella dell’Italia. Da questo punto di vista non è una novità. Nuovo è il sentimento di Patria».

In che senso?
«Nel passato c’è stata indubbiamente nella sinistra un’idea critica della Patria come reazione al nazionalismo predicato dal fascismo. Questo sentimento, soprattutto grazie a due straordinari presidenti della Repubblica come Ciampi e Napolitano, è mutato. Oggi nella sinistra si legano insieme i concetti di Patria, nazione e Costituzione».

Ma per lei, uomo di sinistra, cosa significa quella bandiera tricolore?
«L’appartenenza ad una comunità che si riconosce nella Costituzione. Patria, nazione e Carta si saldano insieme: sono i punti di riferimento di tutti gli italiani».

Non vede il rischio di una bandiera vuota, simbolo interclassista, facile retorica patriottica?
«Il rischio non c’è perché la bandiera non è un cencio, ma il simbolo di un popolo che si riconosce nella più bella Costituzione del mondo. Trovo giusto peraltro che bandiera e Carta siano valori condivisi da tutti, e in questo senso, se vuole, interclassisti. Solo se c’è condivisione comune della Costituzione e dell’idea di nazione e di Patria è anche possibile la differenza delle posizioni ».

Una sorta di reciproco riconoscimento.
«Esatto. Tutti dobbiamo riconoscerci nella Costituzione, nell’inno e nella bandiera. Dopodiché, come è giusto in democrazia, ogni parte politica esprime liberamente le proprie posizioni».
 
Ma c’è oggi davvero un riconoscimento reciproco tra destra e sinistra?
«Non in maniera compiuta ma certo più che in passato. E ogni volta che si è tentato di forzare le regole della casa comune, l’Italia ha dimostrato di possedere gli anticorpi per debellare il virus della disgregazione».

A cosa si riferisce?
«Ad esempio al referendum del 2006 in cui la maggioranza degli italiani ha respinto un progetto confuso e negativo del centrodestra di revisione della Costituzione. E oggi l’imponente festa popolare per l’unità d’Italia ci dice a tutti: giuste le diverse e anche radicali contrapposizioni politiche, ma nel rispetto della casa comune. Giù le mani dall’Italia e dalla sua Costituzione».

Però alla festa la destra sembra assente, o ai margini, in disparte.
«Questo è vero, almeno in parte. Riguarda però non il popolo di centrodestra ma i vertici, che subiscono le posizioni della Lega».

Lo sventolio delle bandiere tricolori ricordano quelle bianche della pace. Allora il grande movimento per la pace portò alla vittoria nel 2006 di Prodi. Sta succedendo qualcosa di analogo?
«Indubbiamente il clima politico nel Paese è cambiato. Ma ad esempio nei fischi e negli slogan con cui stamani a Roma la gente si è rivolta ad esponenti di governo, io vedo un monito: vogliamo essere orgogliosi del nostro Paese. L’Italia non può essere nel mondo il Paese del bunga bunga, ma quello che si è sempre battuto per la pace, i diritti umani e per i grandi valori della Costituzione».

Mario Lancisi