«Roma non merita questa situazione. Né la merita l’Italia, visto che Roma ne è la Capitale». Vannino Chiti, commissario del Pd del Lazio e vicepresidente del Senato, non grida alle «dimissioni». «Non credo che Alemanno abbia intenzione di fare questo regalo alla città e all’opposizione, anche se sarebbe un fatto positivo», dice. Ma inchioda il sindaco a responsabilità tali da eliminare qualsiasi possibilità di recupero. «L’azzeramento delle deleghe di un’intera giunta non è fatto consueto. E nell’eccezionalità di questo gesto, che arriva a metà mandato ma è comunque tardivo, c’è una valutazione precisa sul lavoro dell’organismo di governo».

Ma cosa è successo, cosa significa questo azzeramento?
«Mi sembra che tutto confermi in pieno quello che il Pd dice con insistenza da tempo ed è il portato di ciò che via via sta emergendo con chiarezza. La destra di governo a Roma non ha un progetto e fino a oggi ha galleggiato e male. Adesso sono esplosi da una parte i fenomeni di malcostume dall’altra l’incapacità nell’azione di governo. Parlo di una incapacità complessiva, da parte della giunta ma anche di chi l’ha guidata».

Entriamo nel merito…
«E mancata un’idea in grande per la città. Con tutte le scelte compiute, dai rifiuti alla sanità alle infrastrutture, la giunta Alemanno ha dimostrato di avere una concezione di Roma contrapposta e separata dalla sua regione: un elemento grave e politicamente molto serio, perché una capitale non può non essere pensata in sinergia con il territorio su cui insiste. Questa giunta invece ha inseguito una politica frammentaria e sensazionalista, estemporanea e dannosa per la città. Basti pensare a progetti come quello per far correre il Gran Premio di Formula Uno all’Eur. Incursioni dietro le quali si scoprono obiettivi di cementificazione, e non so se ci si fermi qui».

Quindi una giunta annegata nella mancanza di un progetto complessivo?
«Di certo il centrodestra non ha idea di cosa Roma abbia bisogno e ha dimostrato una sostanziale subalternità nei confronti della politica nazionale. Ad esempio, anziché chiedere una modifica o un aggiornamento della legge su Roma Capitale, ha cestinato la norma e ha proceduto in termini di negoziato bilaterale, senza avere un progetto. Tanta propaganda e nemmeno un discorso su quali siano le competenze e le risorse che lo Stato centrale deve dare alla sua capitale: insomma, li abbiamo visti solo con il cappello in mano».

Una politica da fallimento, accelerato dagli scandali degli ultimi tempi?
«Non credo che Alemanno si sia svegliato all’improvviso, scoprendo la Parentopoli e il malgoverno che hanno reso palese il fallimento della destra che governa Roma. Ma seppure in ritardo si è accorto dei tanti segnali negativi, non ultimo il sondaggio diffuso dal Sole 24 Ore. E con una decisione disperata sta cercando di evitare di doversene assumere le responsabilità. Ma non c’è niente da fare. Mi viene in mente quel pranzo sui gradini di Montecitorio, con Alemanno, Polverini e Bossi: come se i problemi si risolvessero a tarallucci e vino, o a bucatini all’amatriciana…A Roma abbiamo visto abbandonare le grandi aziende a partecipazione comunale, che erano state il grande lascito del centrosinistra e sono diventate il terreno per le assunzioni di parenti e amici politici. Vediamo un’amministrazione che va avanti cercando di aggirare le regole e affidando gli appalti in maniera diretta, magari sminuzzandoli, per evitare le procedure europee sulle gare».

Adesso qual è la prospettiva?
«Il centrosinistra non deve fare sconti ad Alemanno, deve saper stare in campo in modo forte, con proposte alternative e se non ci saranno errori da parte dell’opposizione non credo che Alemanno possa avere margini di recupero. Di fronte ad un fallimento politico come questo, è difficile pensare che sia sufficiente un tardivo azzeramento della giunta per recuperare. Né basta un rimpasto, se manca un progetto per Roma all’altezza del 2011».

Quindi, qual è il primo passo da fare?
«Ha ragione il capogruppo del Pd in Campidoglio. Alemanno vada in Consiglio e dica cosa lo ha spinto a questa scelta e cosa vuole fare. Bocciando la sua giunta, il sindaco ha dichiarato di voler avviare un cambiamento, fissando per ogni assessore le deleghe, gli obiettivi e le regole che garantiscano la piena sintonia con le categorie sociali e produttive della città. E d’obbligo una domanda: con quale criterio aveva nominato i suoi assessori all’atto dell’insediamento? La verità è che avrebbe dovuto scegliere meglio i suoi assessori e quello che ha illustrato è proprio il metodo con cui ogni amministratore dovrebbe mettere insieme la sua squadra, fin dall’inizio del proprio mandato. Alemanno deve spiegare molte cose, dallo scandalo di Parentopoli fino alla sua rinuncia al la gestione dei rifiuti. Ora deve spiegare ai cittadini anche quest’ultima mossa e assumersi le sue responsabilità».

Alessandra Rubenni