Partecipano gli alunni delle scuole che hanno aderito al progetto promosso da Regione Toscana e Fondazione Antonino Caponnetto
Firenze, lunedì 8 novembre 2010. Auditorium S. Apollonia
Sono onorato di partecipare a questo incontro che ha il merito di sottolineare l’importanza, il significato delle elaborazioni e delle proposte, scaturite dal progetto “I giovani sentinelle della legalità” promosso dalla Regione Toscana e dalla Fondazione Antonino Caponnetto. Nata con l’obiettivo di sollecitare la formazione e l’impegno dei giovani per far vivere i valori che alimentano il progresso di una società, questa iniziativa della Fondazione ha chiamato a raccolta studenti ed insegnanti delle scuole superiori toscane, le Autonomie locali, Camere del lavoro e associazioni, avviando una fattiva collaborazione anche con Arci e Cgil.
È importante che, voi che avete lavorato in questo progetto, continuiate nell’impegno. Serve per irrobustire la democrazia e costruire un orientamento forte attorno alla legalità. Senza di questo mafia e organizzazioni criminali non saranno mai sconfitte definitivamente.
Voglio ricordare la frase che il giudice Antonino Caponnetto rivolgeva a ragazzi come voi, nei suoi incontri con gli studenti, e che giustamente è impressa nel frontespizio del libro che documenta l’impegno di tutti, ragazze e ragazzi della Toscana, a favore della legalità e della lotta alla mafia.
“Ragazzi, godetevi la vita, innamoratevi, siate felici ma diventate partigiani di questa nuova Resistenza, la Resistenza dei valori, la Resistenza degli ideali. Non abbiate mai paura di pensare, di denunciare e di agire da uomini liberi e consapevoli. State attenti, siate vigili, siate sentinelle di voi stessi! L’avvenire è nelle vostre mani. Ricordatelo sempre!”.
Caponnetto sapeva che senza la formazione e l’impegno dei giovani, il Paese non potesse avere un futuro degno. Per questo girava continuamente nelle scuole e parlava con ragazzi come voi.
Questa frase è stata per molti, anche qui in Toscana, la spinta al cambiamento e alla responsabilità, alla partecipazione e all’impegno.
È nella Resistenza, nel movimento di liberazione dal nazifascismo, che risiede il nucleo della nostra democrazia.
Se oggi noi possiamo godere dei frutti della libertà, della pace, della democrazia, del benessere, lo dobbiamo a tutti quelli che si sono battuti e sono caduti nella lotta partigiana, lo dobbiamo a quanti si sono battuti e sono caduti per il progresso dell’Italia, per i diritti dei cittadini, contro il terrorismo e le mafie.
È essenziale che lo studio della Costituzione sia inserito nei programmi ministeriali. La scuola deve essere una palestra di democrazia. E l’esercizio della democrazia in quanto “governo del popolo” si esprime proprio nella “partecipazione”, nel suo significato di democrazia rappresentativa.
Senza partecipazione non c’è vera democrazia. La scuola è un microcosmo, nel quale si deve apprendere anche la cultura della cittadinanza, i nostri diritti e i nostri doveri, è una piccola comunità che si governa e che può insegnare ogni giorno quali siano i veri valori, quelli che dobbiamo portare con noi durante la vita.
In Italia si dovrebbe, come già avviene negli Stati Uniti, ad esempio, far conoscere ai bambini e alle bambine fin dalle elementari il preambolo della nostra Costituzione, perché è il fondamento della loro vita.
Essere giovani, oggi, significa essere cittadini dell’Europa e del mondo.
Sarebbe sufficiente scorrere i temi che voi ragazze e ragazzi delle venti scuole superiori della Toscana avete scelto e su cui avete lavorato durante lo scorso anno scolastico, per respingere i troppi luoghi comuni sui giovani d’oggi, sul disinteresse che avreste per tutto ciò che riguarda la sfera pubblica, sul decadimento dei valori civici. Ma vi faremmo un torto se ci limitassimo a una lettura superficiale, perché nelle proposte raccolte in questo volume c’è molto di più. Ritroviamo un’attenzione alle tematiche più dibattute e che più scuotono la coscienza dei cittadini, c’è una ricerca di soluzioni nuove e non banali ai problemi, c’è una richiesta di ascolto che troppo spesso viene ignorata. Ci sono proposte concrete e suggerimenti, ai Comuni, alle Regioni, al governo nazionale. In questo modo ci si assume la responsabilità di essere sentinelle del proprio territorio, secondo l’indicazione del giudice Antonino Caponnetto.
Giustamente chiedete una scuola pienamente agibile e indicate le soluzioni per intervenire con urgenza e insieme accuratezza. Solo così è possibile studiare e prepararsi al futuro, futuro che non deve e non può contemplare un lavoro nero e precario, perché entrambi, minano il patto di coesione di un Paese, di solidarietà fra le generazioni, privano del futuro, talora espongono al rischio della salute e della integrità dei lavoratori.
Siete preoccupati per l’ambiente e per l’architettura delle città in cui vivete. Vi ingegnate a capire il Piano strutturale e ad immaginare idee che salvaguardino il valore storico e culturale degli edifici, o quali proposte mettere in campo per delineare una città al servizio dei propri abitanti. Vi occupate di rifiuti e dell’acqua perché sentite la responsabilità di coloro che verranno dopo di voi. Rifiutate i mille pregiudizi sulla sicurezza e sugli immigrati, anzi li andate a cercare per sapere che cosa pensano realmente e come vivono. Ci ricordate che alcool e gioco d’azzardo sono delle piaghe sociali che richiedono un grande impegno per cercare risposte efficaci.
Nell’ambito del progetto, una rappresentanza di venti di voi ha visitato in Sicilia, a Corleone, le cooperative che lavorano sulle terre confiscate alla mafia. Giovani che si attivano per aiutare gli altri e che sperimentano nel concreto lezioni di legalità e un contributo a riflettere, a stare in guardia, di fronte ai tentativi di infiltrazione mafiosa nelle regioni del centro e del nord del nostro Paese.
Il vostro cammino si inserisce così in un percorso di iniziative portate avanti da anni nella nostra Regione, anche sull’onda di una legge del 1999 (la Legge Regionale 11/1999) che individuava strumenti e finanziamenti a scuole, università e organizzazioni per educare alla legalità.
Il progetto “LiberArci dalle spine” che coinvolge e ha coinvolto tanti ragazzi della Toscana dimostra come sia vivo il desiderio di sentirci un Paese unito e solidale. Ragazzi che ogni anno in estate si recano in Sicilia, terra bella e fertile, a lavorare nei terreni sottratti alla criminalità organizzata. Alla raccolta dei pomodori e alla cura delle viti, si alternano momenti di incontro e di studio. In queste terre –troppo spesso abbandonate, che producevano sfruttamento per i braccianti e profitti per i mafiosi – i volontari spendono il tempo delle loro vacanze, la loro fatica, per costruire un’idea: quella di un’Italia libera da ogni tipo di mafia.
Perché come disse Giovanni Falcone: “Gli uomini passano, le idee restano, restano le loro tensioni morali, continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”.
Noi come istituzioni – ma anche le associazioni, le organizzazioni sindacali – abbiamo il dovere di accompagnarvi, con la consapevolezza che ciascuno deve dare il buon esempio ed essere riferimento di valori e comportamenti giusti, comportamenti che non possono essere delegati ad altri, ma di cui ciascuno deve sentirsi responsabile in prima persona, per costruire una comunità fondata sui principi della nostra Costituzione.
La nostra Carta Costituzionale è attuale. C’è una bellissima frase di un grande padre della Costituzione, Piero Calamandrei, contenuta in un suo Discorso agli studenti milanesi universitari e medi del 1955:
“La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica”.
“I giovani sentinelle della legalità” è un’iniziativa seria e consapevole che diventa lievito positivo e fruttuoso per gli Istituti di cui voi siete alunni e per la società stessa. Questa è la politica, con la P maiuscola: dedicare un po’ del proprio tempo agli altri, al bene pubblico.
C’è una cosa che – seguendo le parole del Presidente Napolitano – il nostro Paese non si può permettere: correre il rischio che i giovani si scoraggino, si trovino di fronte a muri di gomma, che non vedano la possibilità di realizzarsi, di avere una vita degna delle loro aspirazioni. Ci sono nelle giovani generazioni riserve straordinarie di talento e di volontà: e ho visto di persona come si manifestano in concreto quando se ne creino le condizioni, anche nell’incontro di oggi, ho sentito la motivazione e la passione.
Non tutto è roseo; non tutti – né giovani né anziani – sono sensibili e impegnati. I media ufficiali, i comportamenti di non pochi nelle istituzioni generano cattivi esempi e vorrebbero spingere al disimpegno, alla rassegnazione, a pensare solo a sé stessi. Se quanti vogliono un Paese migliore sapranno unirsi, il futuro sarà positivo. Dipende infatti da noi. Dobbiamo in primo luogo garantire l’opportunità di formarsi grazie a un sistema di istruzione più moderno ed efficiente, capace di far emergere i talenti e di premiare il merito. Il ruolo della scuola sotto questo punto di vista è primario; è qui che si apprendono le conoscenze e un metodo del sapere che aiuta nel corso della vita. Nella scuola si vivono esperienze comuni di impegno e di socialità. Nella scuola può e deve affermarsi quella uguaglianza di opportunità senza la quale parlare di valorizzazione del merito diventerebbe poco più che una finzione. Il merito deve essere premiato, certamente, ma consentendo che non ci sia nessuno predestinato all’esclusione per nascita, per origine o per il modo in cui è arrivato nel nostro Paese. Ci sono oltre 600 mila minori nati in Italia e figli di stranieri, senza nazionalità (Documento della 46ª Settimana sociale dei cattolici italiani).
Voglio leggervi un passo di una lettera che mi ha molto colpito. È stata scritta da alcuni ragazzi del carcere minorile di Nìsida, una piccola isola vicino a Napoli, qualche tempo fa: “Qui a Nìsida è vero che ci manca la libertà – e la libertà è tutto – ma ci offrono la scuola, i corsi di formazione professionale e tante altre cose. In poche parole ci insegnano a vivere bene e onestamente”. E così continuavano: “Se noi avessimo avuto prima, tutte queste attenzioni, e soprattutto la cura che per noi dimostrano gli educatori e gli insegnanti dell’Istituto, non diciamo che ci saremmo salvati tutti, ma una buona parte di noi ne sarebbe uscita vincente”. Queste parole che ho voluto citarvi ci aiutano a pesare bene il valore che hanno, per la società, la scuola, lo studio e la formazione. Per avere un’Italia migliore abbiamo bisogno di una scuola migliore; e a tal fine possiamo contare su risorse e competenze preziose che devono essere ancor meglio messe a frutto.
Occorrono certamente misure per facilitare l’accesso a tutti alla scuola e all’istruzione, come la gratuità dei libri di testo per alcune fasce di popolazione, l’accesso alle borse di studio e ai programmi di scambio estero, l’Erasmus universitario o il Leonardo, stage lavorativi europei.
Un tema su cui è necessario impegnarsi è la cittadinanza europea. La formazione di un senso di appartenenza all’Europa e alle sue istituzioni non sostituisce la cittadinanza nazionale ma ne è naturale sviluppo. L’Europa è la vostra e la nostra avventura, di vita e di ideali, di conoscenza e di comportamenti.
Una novità di questi ultimi anni è la forte presenza nella scuola italiana di bambini e ragazzi extracomunitari. Oggi più del 60% degli alunni cosiddetti stranieri sono nati in realtà in Italia da famiglie immigrate. Cinesi, maghrebini, filippini, indiani, albanesi, nuovi italiani tra gli italiani, sono spesso ben integrati e bilingui, eppure ancora stranieri, perché senza cittadinanza e dunque con diritti a metà. È un mondo che bussa alle porte della scuola italiana, la fotografia del Paese che verrà, multietnico ma non ancora multiculturale, perché per tanti di loro il percorso di studi sembra già ostacolato sul nascere. Abbiamo il dovere di supportarli.
Tagli feroci stanno investendo da anni il settore della scuola e della cultura. La Legge (Tremonti-Gelmini) n. 133 del 6 agosto 2008 (di “conversione del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”) ha tolto 8 miliardi alla scuola e 1,2 miliardi all’università mettendo in ginocchio il sistema di istruzione pubblico. In un momento di crisi economica, come quello che stiamo attraversando, ha detto il Presidente Napolitano, “occorre fare scelte, ma non si può tagliare in modo indifferenziato”. Il Capo dello Stato ha citato l’esempio della Germania che ha previsto “tagli anche alla spesa sociale, ma allo stesso momento ha annunciato un aumento della spesa per ricerca e formazione. È essenziale stabilire delle priorità”. Non possiamo far pagare alle vostre generazioni il prezzo altissimo di un crollo finanziario che ha investito il nostro Paese, l’Europa, il mondo.
Le donne e gli uomini che, oltre sessant’anni fa, scrissero la Costituzione repubblicana e sognarono l’Unione Europea crearono le basi per legare cittadini e istituzioni in un patto utile e positivo. Da una parte la Repubblica si prende cura dei suoi cittadini.
L’articolo 3 della Costituzione stabilisce che: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Dall’altra la Repubblica ha bisogno di cittadini istruiti, che si prendano cura delle istituzioni nazionali ed europee. Dobbiamo procedere sul percorso indicatoci dai nostri padri. È questo l’invito che faccio, a ognuno di voi. A tutti noi. E a voi ragazze e ragazzi rivolgo un augurio speciale: continuate a sognare, a guardare lontano.